FATTILETTURE

Ragazzi che fumano cannabis

Alcuni ricorderanno ancora la triste
vicenda – accaduta quasi un anno fa – del ragazzo sedicenne di Lavagna che si
tolse la vita durante la perquisizione in casa perché era stato trovato con 10
grammi di hashish. Seguirono discussioni e polemiche, come solitamente accade
in questi casi, specialmente sulla scelta assunta dalla madre di denunciare il
proprio figlio, chiedendo l’intervento della Guardia di Finanza. Certamente una
donna disperata che, come altre, si è trovata a fronteggiare un figlio nel pieno
turbinio dell’adolescenza, l’età in cui le comunicazioni in famiglia risultano quanto
meno più complicate. Difficile poter giudicare quella donna. Lo sappiamo, non
esiste un manuale del genitore perfetto. E ci si ritrova, talvolta, soli a
interrogarsi sul difficile ruolo di genitore.
Ai genitori ha pensato Alberto Bolletta,
psicologo e psicoterapeuta, quando ha deciso di scrivere il volume Ragazzi che fumano cannabis (facilmente
acquistabile su amazon). In quanto
genitore e insegnante (la scuola è la prima piazza dello spaccio) l’ho letto
con estremo interesse e dico senza mezzi termini che mi è piaciuto. Il testo mette
in rilievo il particolare tipo di rapporto che l’adolescente instaura con la
sostanza, la fascinazione che ne subisce e su quanto ne consegue in termini di
rapporto con il suo mondo; senza allarmismo e ideologismi di sorta, vuole far
capire dove e come la sostanza non sia innocua e come recuperare. Partendo
dalla coscienza e dalla sua “alterazione”, ben oltre l’effetto
immediato già noto, il volume illustra il cambiamento del pensiero e dei
comportamenti del giovane consumatore continuativo. Vengono riportati diversi esempi
clinici e riferimenti di colloqui con i quali vengono spiegati i meccanismi che
sottendono agli esiti problematici. Di fronte ad una forte disinformazione su
un problema di attuale rilevanza sociale come la crescente diffusione della
cannabis tra gli adolescenti, Ragazzi che
fumano cannabis
è certamente un utile strumento per capire e per capirsi,
si rivolge ai consumatori giovani e meno giovani perché vi si possano
riconoscere e a genitori, insegnanti, educatori in genere, ma anche a
psicologi, medici di base e psichiatri per essere più provveduti nel dialogo e,
perché no, nella discussione con il consumatore. Tra l’altro, conoscendo
l’autore, segnalo la sua disponibilità a partecipare a incontri nelle scuole
per meglio illustrare agli studenti i pericoli ai quali vanno incontro coloro
che consumano cannabis.
Bolletta cerca di smontare l’aurea
romantica, libertaria e liberatoria che circonda lo spinello. Una volta era
anche un simbolo della contestazione studentesca della società borghese. C’era
e continua ad esserci tolleranza nella società verso le canne ed esistono anche
forti spinte alla legalizzazione. Il fumo è considerato innocuo per la salute,
da parte di alcuni settori politici e da una parte del mondo culturale e
giornalistico. Si argomenta: non si muore per la cannabis, non crea
aggressività come altri stupefacenti. Ma non è esattamente così secondo Bolletta.
La cannabis altera la coscienza. Soprattutto l’uso continuativo e gli alti
dosaggi causano danni alla salute e alla autonomia intellettiva e di
discernimento. Questi sono pericoli che corrono soprattutto gli adolescenti,
ancora in una fase della vita dall’identità incerta, attestati in uno stadio di
età molto complicata. La cannabis, indebolendo lo stato della coscienza,
determina “un ritardo maturativo
negli adolescenti. La memoria, l’attenzione e la concentrazione sono lese. La
molecola dello spinello è insidiosa, è smaltita dall’organismo umano molto più
lentamente rispetto a quelle di altri pericolosi stupefacenti come la cocaina e
l’eroina. Le tracce della canna restano nel corpo dei fumatori occasionali fino
a una settimana e per i consumatori abituali, invece, occorrono addirittura dei
mesi per lo smaltimento degli effetti di alterazione della coscienza.
Quanti falsi miti attorno alle
canne. Alla fine le canne deludono: non determinano felicità, socializzazione,
dinamismo ma esattamente il contrario. Causano depressione, incertezza,
isolamento. Buona lettura.

Antonio Salvati

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