Il Belpaese visto dall’URSS, tra guerra fredda e distensione
Capire come gli altri ci guardano è sempre piuttosto interessante: lo ha dimostrato la curiosità fin qui suscitato da un recente libro che racconta il nostro paese secondo l’opinione dei giornalisti corrispondenti esteri.
Martedì 29 settembre sarà presentato un altro volume – questa volta frutto di una accurata e complessa ricerca storica – sull’Italia vista da fuori: un “fuori” che per di più non esiste più, quello dell’Unione Sovietica. Si intitola L’Italia vista dal Cremlino, ed ha un sottotitolo esauriente ed esplicativo, che ci colloca in un orizzonte piuttosto definito: Gli anni della distensione negli archivi del Comitato centrale del PCUS, 1953-1970.
Ne sono responsabili tre autori: Adriano Roccucci, Alessandro Salacone e Fabio Bettarin, i quali – ciascuno per la propria parte – analizzano (attraverso lo studio dei documenti sovietici) il periodo che va appunto dal 1953 al 1970; e c’è poi una nota archivistiva di Michail Prozumenščikov, vicedirettore dell’Archivio statale russo di storia contemporanea, a Mosca.
Il volume verrà presentato a Roma alla libreria Arion di piazza di Montecitorio, alle ore 18.00, con la partecipazione di Lucio Caracciolo, Simona Colarizi, Agostino Giovagnoli, Silvio Pons. E se è impossibile raccontare un volume di oltre 400 pagine – che analizza inediti documenti d’archivio – in poche battute, si deve comunque osservare come le semplificazioni siano sempre sbagliate, quando non pericolose: cosa c’era di più (apparentemente) distante, in quegli anni lontani, tra l’URSS post-staliniana e l’Italia del secondo dopoguerra? Tra le nascenti leadership sovietiche e la classe dirigente democristiana?
In questo libro si può approfondire la storia di relazioni politiche tutt’altro che scontate, alla ricerca di uno scenario di confronto tra diversi che non perdevano tuttavia di vista la necessità di non chiudere del tutto e dovunque le strade del dialogo. Di parlare un linguaggio (se non comune) almeno di comprensibilità reciproca.
Sia la classe politica italiana di governo (Gronchi, Fanfani, Moro), sia il partito comunista (Togliatti, Berlinguer), sono guardati con attenzione dall’URSS, in un crinale della storia nazionale che evolve verso i governi di centro-sinistra. Così, tra ambizioni italiane volte alla ricerca di nuovi spazi di politica internazionale e desiderio dei sovietici di non tralasciare prospettive economiche di indubbio interesse (Fiat ed ENI in primo luogo), si scopre una storia originale e di interesse certo per il nostro tempo, che non sempre sembra di credere sia necessario coltivare l’orizzonte – anche politico – delle relazioni tra mondi cosiddetti contrapposti.
Paolo Sassi
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