FATTI

Il Piccolo Museo del Diario

Una raccolta di documenti e testimonianze che si potrebbero definire minori. Una visuale dal basso sul ‘900 italiano, da prospettive defilate e periferiche. E però anche un tuffo nel vissuto concreto di migliaia di uomini e di donne che hanno fatto la storia del Bel Paese. 

Stiamo parlando del Piccolo Museo del Diario.

Che piccolo lo è davvero. Uno spazio ricavato all’interno del Palazzo del Comune di Pieve Santo Stefano (provincia di Arezzo), in uno dei pochi palazzi del paese sopravvissuti alle distruzioni della guerra (l’intero borgo era stato minato dai tedeschi nell’agosto ‘44 perché si trattava di rafforzare la Linea Gotica di fronte agli alleati che avanzavano).
Uno spazio piccolo, allora, ma anche capace di aprire a nuove dimensioni. All’interno di poche stanze sono raccolti mille e mille tasselli – testi autobiografici, personali; più o meno interessanti; più o meno letterariamente costruiti; più o meno “normali” (c’è un’intera vita scritta su un lenzuolo matrimoniale, per esempio) -, tutti comunque capaci di comporre il mosaico incredibilmente affascinante della storia collettiva di un popolo.
Il Piccolo Museo del Diario è un percorso interattivo che deve tutto al giornalista Saverio Tutino e al suo Archivio Diaristico Nazionale, con sede sempre a Pieve Santo Stefano. Un percorso che davvero, com’è scritto nella presentazione, “accoglie il visitatore in maniera coinvolgente e innovativa e lo conduce per mano attraverso le scritture di persone comuni che hanno raccontato la storia d’Italia da un punto di vista assolutamente inedito. Memorie private che da storie singole e personali sono diventate storie collettive e universali”. 

Colpisce che tante di tali storie siano storie “devianti”, “diverse”, “strane”. Colpisce che un terzo dell’intera produzione diaristica, autobiografica, epistolare raccolta a Pieve Santo Stefano sia legata alle due guerre mondiali. Colpisce che un altro terzo racconti l’emigrazione italiana.
Il Piccolo Museo si propone quasi come lo specchio di un’Italia minore. Un’Italia spesso dimenticata o negata, che però è stata tanta parte della nostra storia. Va apprezzato in particolare il rifiuto della rimozione collettiva del tema della nostra emigrazione, la scelta di aiutarci a scoprire che eravamo come gli albanesi negli anni ’90, i rumeni del decennio successivo, gli africani di oggi.
Il tutto nell’intricato dipanarsi di molteplici itinerari personali, attraverso la riscoperta di tanti piccoli della Storia che almeno non saranno del tutto vittime del grande oblio delle cose, in un quadro di contributo commosso alla sofferenza delle generazioni passate. 


Francesco De Palma
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