FATTI

Messico, un anno dalla strage di Iguala e dalla scomparsa dei 43 studenti “normalisti”

Il Messico è un grande paese. Di struggente bellezza. Dalle enormi potenzialità. Presentato dal proprio governo come un corpo che si muove, che sta sconfiggendo i narcos e che, grazie a “riforme strutturali”, si sta avviando a entrare tra gli stati che contano. 
Tutto questo, però, e purtroppo, deve fare i conti con una realtà più cruda. Nel solo 2013 si sono contati 20000 morti legati al conflitto con e tra i narcos, con lo stato meridionale di Guerrero che ha registrato 2500 assassinii, mentre 1.600.000 persone sono state obbligate a lasciare la loro regione d’origine per via della “guerra”. 30000, del resto, sono i desaparecidos, più di 100 i giornalisti messi a tacere con la morte, 250 le fosse comuni ritrovate dall’inizio della presidenza di Enrique Peña Nieto.
Alcuni giorni fa, nuovamente, l’attenzione del Messico si è chinata sul caso irrisolto dell’assassinio di sei persone e della scomparsa di 43 studenti della scuola “normale” (rurale) “Isidro Burgos” di Ayotzinapa, Iguala, proprio nello stato di Guerrero, nella sanguinosa notte del 26 settembre dell’anno scorso, esattamente un anno fa. 
Sembrerebbe che le autorità messicane abbiano arrestato il presunto responsabile della scomparsa degli studenti. Tal Gildardo López Astudillo, considerato il capo dei sicari dei Guerreros unidos, il cartello della droga che controlla la regione e che secondo la procura ha dato l’ordine alla polizia locale di sequestrare i giovani e poi si è occupato di ucciderli e farli sparire. Secondo gli investigatori “el Gil” avrebbe contattato il capo dei Guerreros unidos, per sapere che fare degli studenti, e con lui sarebbe giunto alla convinzione che i giovani facevano parte dei Rojos, il cartello rivale. Sulla base di questa teoria il loro viaggio a Iguala è stato interpretato dai Guerreros unidos come un attacco al loro territorio. Lo stato di Guerrero, in effetti, è il maggior produttore di oppio di tutta l’America e per conquistare Iguala, i Guerreros unidos hanno impiegato anni. 
I fatti. La sera del 26 settembre 2014 un gruppo di giovani alunni della scuola normale di Ayotzinapa si dirige a Iguala per botear, cioè racimolare soldi. Hanno tutti tra i 17 e i 20 anni. Vogliono raccogliere fondi per partecipare al tradizionale corteo del 2 ottobre a Città del Messico in ricordo della strage di stato del 1968, quando l’esercito uccise oltre 300 studenti e manifestanti in Piazza delle Tre Culture. I normalisti occupano tre autobus, i conducenti li lasciano fare. Fuori dall’autostazione, però, ad attenderli c’è un commando di poliziotti che fa fuoco senza preavviso. Muoiono tre studenti, altri 25 restano feriti. Gli uomini in divisa caricano decine di studenti sulle loro camionette e li portano via. Intanto sopraggiungono altri gruppi armati, narcotrafficanti dei Guerreros unidos, che assaltano anche il pullman di una squadra di calcio locale, uccidendo un calciatore, un ragazzo di 14 anni, e poi un taxista e il suo passeggero. 
Quanto accaduto a Iguala, città amministrata da un sindaco narcotrafficante e da sua moglie, sorella di alcuni boss del cartello Guerreros unidos, catalizza da tempo l’attenzione dell’opinione pubblica, in particolare delle fasce giovanili della società, che spesso

organizzazione marce della memoria, manifestazioni, incontri sul tema [nella foto il sit-in permanente all’ingresso del Museo Nazionale di Antropologia a Città del Messico]. L’episodio, gravissimo, simbolo della più generale insicurezza che regna nel paese, della sfida dei cartelli di narcotrafficanti al monopolio della forza da parte dello stato, parla del tremendo intreccio stabilitosi nel contesto centroamericano tra apparati statali infiltrati e criminalità organizzata. 

A tutt’oggi, infatti, non è ancora chiaro cosa sia successo veramente. Ancor meno si sa di quel che è accaduto tra il momento della cattura degli studenti e quello della loro scomparsa. In ogni caso i familiari e buona parte dell’opinione pubblica rifiutano la versione ufficiale del governo e della procura, sottolineando come sia inspiegabile che dei giovani studenti siano stati scambiati per narcotrafficanti di Los Rojos..
Quel che è certo è che la sicurezza è fuori controllo, e che i narcotrafficanti hanno a disposizione mezzi enormi per paralizzare lo stato, sia in termini di intimidazione e coercizione, sia in termini di denaro per corrompere e comprare. Pare che l’eroina del Guerrero non abbia nulla da invidiare, per qualità e purezza, a quella proveniente dall’Afghanistan. Anche per questo la regione è la più violenta del Messico e ha spodestato in testa alla classifica della morte altri stati in disfacimento come Michoacan, Tamaulipas, Sonora, Sinaloa, Chihuahua, Veracruz ….

Francesco De Palma
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