Ebrei di Roma, a fumetti
La copertina del volume Judei de Urbe. |
Chi ha visitato – lo scorso mese di settembre – il Festival internazionale di letteratura e cultura ebraica a Roma, giunto alla sua ottava edizione, ha potuto assistere, tra gli altri, ad un evento piuttosto originale: la presentazione di un fumetto sulla storia degli ebrei romani.
Il popolo ebraico non ha avuto sempre – nella propria storia – facili rapporti con le arti grafiche, fin dal divieto biblico dell’idolatria (“Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra”). Il precetto, praticato pure dall’Islam e presente anche nella storia cristiana dell’iconoclastia, conosce oggi una ben diversa lettura: è evidente infatti che l’idolatria temuta dal popolo del Signore conosce oggi ben altre e temibili forme dal culto dei Baal di cui racconta la storia di Israele.
Mario Camerino, autoritratto a fumetti. |
Così, Mario Camerini, classe 1953 ed origini brasiliane, ha proposto quest’opera inedita e suggestiva: Judei de Urbe. Storia illustrata degli ebrei di Roma, edita da Giuntina.
Camerini ritrae se stesso molte volte, in questa grafic novel ebraica, quasi moderno Virgilio a fumetti che ci conduce per mano da Tolomeo I (nel 301 a.C. – od e.v., secondo un antico modo ebraico di indicare gli anni) ai giorni nostri.
Non manca pressoché nulla, dalla distruzione di Gerusalemme del 70 all’istituzione papale del ghetto nel 1555; dalla prima repubblica romana del 1798 al “sabato nero” del 16 ottobre 1943, con la deportazione nazifascista degli ebrei di Roma.
Mario Camerini, fotoritratto. |
Vi sono tratteggiate storie note ed altre “minori”, conosciute solo agli eruditi ed ai curiosi. Pagine liete e tristi, segnate dalla diffidenza o dal rispetto; c’è anche una pagina letteralmente nera, senza disegni, quella sulla Shoah che ha colpito anche gli ebrei romani e che Camerini interpreta – dal canto suo – come inenarrabile (o già molto narrata, come avvalorato da Francesca Numberg su Il Messaggero); diversamente da quanto ha fatto Art Spiegelman col suo struggente Maus.
Il racconto si fa più didascalico – e necessariamente affollato – nelle ultime pagine, che arrivano al conclave che elegge papa Francesco ed alle parole augurali rivolte a Bergoglio da rav Riccardo Di Segni. Insomma, una storia di famiglia, dai contorni frastagliati – e dai toni spesso amari – di quella che viene tradizionalmente ritenuta la più antica comunità ebraica della diaspora; ma anche – per converso – la storia di una città, Roma, dove la convivenza coi cristiani è stata segnata da tante stagioni storiche diverse – e difficili – e che vede nell’oggi, dopo tante opacità, molti segni di simpatia e di convivenza nell’amicizia.
Paolo Sassi
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