FATTI

La crescita costante del commercio internazionale di armi

Negli ultimi 5 anni il volume del commercio internazionale di armi è cresciuto dell’8,4% rispetto al quinquennio precedente. Una crescita costante documentata dai dati raccolti e pubblicati dal Sipri, lo Stockholm International Peace Research Institute, che testimoniano come il commercio degli armamenti pesanti abbia raggiunto nel 2016 il volume più alto dalla fine della guerra fredda.
In questo periodo le importazioni di armi da parte degli stati del Medio Oriente sono aumentate dell’86% rappresentando il 29% delle importazioni mondiali. 
Se andiamo a vedere lo stato che ha maggiormente acquistato armi troveremo l’India al primo posto, con il 13% delle importazioni totale. Le sue importazioni sono aumentate del 43% rispetto al quinquennio precedente, mentre l’Arabia Saudita, secondo importatore mondiale di armi in questo periodo, ha registrato un aumento del 212%. Altro incremento record il Qatar, che ha visto incrementare le importazioni di armi del 245%.
Se i flussi di armi sono aumentati verso l’Asia, l’Oceania e il Medio Oriente, sono diminuiti verso l’Europa in maniera significativa, del 36%, e anche verso l’America e l’Africa.
In Africa l’Algeria è fra i maggiori acquirenti di armi, con il 46% delle importazioni nella regione, seguita da Nigeria, Sudan ed Etiopia. Da notare che questi ultimi tre paesi dell’Africa sub-Sahariana si trovano tutti in zone di conflitto. Giusto per non dimenticare che le armi non si comprano solo per farne bella mostra. 
Da dove provengono le armi ?  Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Germania, i cinque maggiori paesi esportatori, costituiscono da soli il 74% del volume totale delle esportazioni di armi.
Gli Usa, coprendo un terzo del commercio globale, sono il primo esportatore di armi, con un aumento del 21% rispetto al quinquennio 2007-11. Da notare che circa la metà delle loro esportazioni è destinata al Medio Oriente, ma la lista di paesi destinatari conta un centinaio di clienti. La Russia rappresenta il 23% delle esportazioni mondiali, destinate per il 70% a India, Vietnam, Cina e Algeria. La quota cinese di esportazioni è passata dal 3,8% al 6,2%, mentre Francia e Germania rappresentano rispettivamente il 6% e il 5,6%.
Non è una novità che la guerra, mentre impoverisce tanti, finisce per arricchire chi produce le armi. Sembra così scontato e banale affermarlo che quasi sembra ci sia sempre più timore a dirlo e a denunciarlo. “Tutti parlano di pace, tutti dichiarano di volerla, ma purtroppo il proliferare di armamenti di ogni genere conduce in senso contrario” , lo ha affermato papa Francesco che è tornato sull’argomento in varie occasioni fra cui, in modo particolarmente incisivo, nell’intervento all’assemblea del Programma Alimentare Mondiale lo scorso giugno: “Mentre gli aiuti e i piani di sviluppo sono ostacolati da intricate e incomprensibili decisioni politiche le armi no… Non importa la loro provenienza, circolano con una libertà, scusate l’espressione, spavalda e quasi assoluta in tante parti del mondo“.

Marco Peroni
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