La Pira, un sindaco “visionario” …
Sono passati ormai 40 anni dalla scomparsa di Giorgio La Pira, grande studioso e professore universitario a Firenze, uomo politico, eletto deputato alla Costituente, ex sindaco di Firenze, uomo di grandissima visione mondiale, con un occhio rivolto sempre oltre i confini nazionali. Giorgio La Pira è stato un personaggio unico nel panorama politico italiano, per alcuni era annoverato come un santo, altri lo consideravano un ingenuo, oppure persino un provocatore.
Un grande studioso, un credente, un uomo di visioni e speranza nel futuro, un cercatore di giustizia.
Durante la guerra, fu un antifascista, avversava le leggi razziali, non aveva paura per sé quando manifestava le sue idee. Ebbe un ruolo importante nell’Assemblea Costituente nella stesura dei principi fondamentali della Costituzione repubblicana.
In campo politico nazionale fu deputato, sottosegretario al lavoro, sindaco di Firenze e soprattutto indefesso costruttore di ponti e quindi ambasciatore di pace.
L’arma, lo strumento che prediligeva era il dialogo e la pace era sempre l’obiettivo che aveva davanti a sé: senza di essa non si poteva cambiare né le situazioni, né le persone, né sciogliere e dirimere i problemi.
La forza del dialogo in cui credeva lo portò a girare per il mondo per incontrare e parlare con diversi uomini politici. Il suo intento, da cristiano, era – appunto – quello di creare ponti per incontrarsi, conoscersi, capirsi: anche tra mondi che si contrapponevano. Il dialogo per lui era lo strumento di risoluzione di ogni conflitto, divergenza, opposizione.
Per dialogare, bisognava incontrarsi: oltre ai numerosi viaggi dall’URSS alla Tunisia, da Israele alla Giordania, in ogni paese dove si recava, veniva accolto come un amico.
Credeva nell’amicizia tra ebrei e cristiani e, al contempo, per gli arabi era considerato un interlocutore affidabile.
In piena Guerra Fredda, ebbe l’ardire di creare a Firenze i convegni per la pace e la civiltà cristiana, invitò e raccolse a Firenze i sindaci del mondo, tra cui quelli di Pechino e di Mosca, sempre con la visione di creare ponti tra “mondi altri”.
Giorgio La Pira credeva nel potere attrattivo che poteva esercitare l’Europa cristiana verso le altre culture del mondo, con l’impegno di trasmettere l’idea di convivenza, senza alcun timore reverenziale, neanche nei confronti di “briganti” (come aveva scritto una volta) quali erano Kruscev e Mao, ma incontrarli per guardarli in volto con la fede e la sicurezza dei cristiani.
Questa era la strada, nella visione di La Pira perché la Chiesa non cadesse nella logica dello scontro verso le altre religioni, culture, nazioni.
Fu accusato di essere un sognatore, un visionario, sia nella chiesa che nella società civile. Ma, lui aveva risposto a questa obiezione scrivendo sia a Pio XII che, negli anni successivi a Giovanni XXIII, confidando sempre la fede nell’Altissimo per riuscire nei suoi propositi.
In realtà, Giorgio La Pira aveva un modo tutto suo di leggere la storia: fiutava le correnti profonde della storia e con la meditazione nella preghiera. Era un credente, ben radicato nella Chiesa, dalle pagine delle Sacre Scrittura soleva leggere ed analizzare i fatti della storia, la sua esperienza politica era intrisa con il suo personale colloquio con Dio, che ricercava anche in un fedele rapporto con i poveri che incontrava, a cui dedicava tempo, ascolto e aiuto.
Giorgio La Pira scriveva tantissimo. Sono state recentemente ripubblicate tutte le lettere scritte a Papa Pio XII, sempre con grandissimo rispetto e devozione, manifestando sempre la speranza che qualcosa potesse cambiare in ogni persona ed in ogni situazione. Ma, anche le lettere alle suore claustrali, sono state raccolte e pubblicate. Era una corrispondenza regolare durata diversi anni, un vero e proprio dialogo tra La Pira e centinaia di monache che meditavano e pregavano sui temi che egli proponeva loro. Mettendole a parte del suo lavoro quotidiano, di impegno di politico, e di operatore di pace.
Era un artigiano di pace. Era un uomo che non rifuggiva i problemi, anzi li cercava per immergercisi e trovare così una via d’uscita. Non si risparmiava, né come uomo politico parlamentare, né come sindaco, ancor meno come operatore di pace nel dialogo continuo con tutti.
Credeva fermamente che lo Stato dovesse avere una sua “architettura cristiana” dalla quale potevano uscire e svilupparsi le risposte per una convivenza pacifica, nel pluralismo, si potesse rispondere alle attese della povera gente, perché ciascuno ricevesse il dovuto. Credeva che la ricchezza spropositata di alcuni fosse ingiusta davanti alla miseria di tanta povera gente.
Lui stesso dava quasi tutto quello che aveva ai poveri. Negli ultimi anni aveva chiesto ospitalità alle suore perché aveva lasciato a fini di elemosina anche la sua casa.
Alla sua morte si pensò subito ad una futura causa di beatificazione, perché era stato per la società, per ogni uomo, un esempio grandi virtù: di generosità, di cercatore di pace, di uomo dialogico con tutti e di grande credente, sempre in tutto obbediente alla Chiesa e ai Papi che ha conosciuto.
Nel giorno della sua morte (5 novembre), il card. Betori ha dato annuncio che si è conclusa anche la fase per il riassunto della documentazione personale che verrà prodotta e che è stata consegnata alla Congregazione per le Cause dei Santi.
Papa Francesco, vista la notorietà di Giorgio La Pira, ha disposto di saltare l’esame della commissione dei consultori storici, senza bisogno di approfondimenti in merito.
Ora bisognerà attendere l’esame dei teologi per l’accertamento delle virtù eroiche; infine, l’esame dei vescovi e dei cardinali, i quali presenteranno il loro voto al Papa, che decideràs sulla sua esemplarità per tutta la Chiesa.
Germano Baldazzi
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