“Dark Night”, ovvero, la vita è un giorno qualunque. Un commento al film di Tim Sutton.
Per una strana (e, data la tragicità di quanto accaduto qualche giorno fa nelle Marche, non proprio felice) coincidenza ho assistito all’anteprima per la stampa del film “Dark Night” di Tim Sutton (2016), proprio in questi giorni in cui i fatti di Macerata hanno giustamente dominato le cronache.
La pellicola di Sutton, presentata al Sundance Festival (festival del cinema “Indie” americano) e vincitrice del premio “Lanterna Magica – Sez. Orizzonti” alla 73a Mostra Internazionale Cinematografica di Venezia, è liberamente ispirata al tragico massacro di Aurora (Colorado, USA), avvenuto il 20 luglio 2012 all’interno del cinema Century 16, durante la proiezione del film “Dark Knight Rises” (“Il cavaliere Oscuro”, basato sul supereroe “Batman”) di Christopher Nolan. Durante la proiezione di mezzanotte, un uomo armato e vestito con abbigliamento militare, iniziò a lanciare granate di gas lacrimogeno contro gli spettatori e a sparare con diverse armi da fuoco. Il bilancio finale dell’attentato fu di 12 morti e 70 feriti. L’autore del massacro fu arrestato subito dopo: il suo nome era James Eagan Holmes, aveva i capelli tinti di rosso, ai poliziotti disse di essere “Jocker” (uno dei personaggi di Batman).
Dai taccuini di Holmes emerse che egli era insoddisfatto della sua vita, frustrato per la ricerca di un lavoro e oppresso da presunti problemi di salute. Era anche ossessionato dall’idea di uccidere e aveva dato segnali di questa sua fissazione già dieci anni prima dell’attentato. I periti incaricati dal tribunale dichiararono che, seppur malato di mente e affetto da “disturbi schizo-affettivi”, era, al momento dell’attentato, perfettamente in grado di intendere e di volere. Non aveva mai commesso reati prima del massacro, tranne alcune multe. Chi lo conosceva dichiarò che egli era una persona “socialmente imbarazzante” e che fosse estremamente difficile tenere una conversazione con lui.
Holmes primeggiava nei giochi di ruolo al computer e aveva conseguito un dottorato in neuroscienze che comprendeva i disturbi psichiatrici. Dichiarò che la recente rottura con la fidanzata aveva fatto precipitare la sua situazione personale. Il suo avvocato disse che il killer era convinto che uccidere della gente gli sarebbe stato di giovamento.
Holmes fu condannato a 12 ergastoli, uno per ogni persona uccisa.
“Dark Night” non ha una facile lettura perchè non segue una vera e propria trama. Mostra scene della vita di alcuni personaggi il giorno prima dell’attentato al cinema. Ognuno di loro potrebbe essere l’attentatore di Aurora e molti sono gli indizi che vengono mostrati, che potrebbero far sembrare che sia uno, piuttosto che l’altro. Ma nulla viene svelato. A monopolizzare il film sono le immagini che si accavallano con un ritmo incessante. Il vero protagonista è l’America profonda, quella della provincia che ama le facili soluzioni di Trump; la periferia dei non-luoghi anonimi e senza storia, dove dietro un apparente ordine si nascondono angoscie e paure senza fine.
Le vite piatte, alienate, solitudinarie della gente di quel mondo, appaiono nella loro quotidianità, dove tutto e niente possono essere i motivi da cui nascono le motivazioni delle tragedie, come quella da cui prende spunto il film.
E le armi, queste maledette armi che, a causa delle lobbies a cui fanno capo le industrie che le producono, nessuna legge riesce a limitarne l’uso e il commercio in America. Le stesse armi a cui, dopo le dichiarazioni di qualche stolto politico senza scrupoli di casa nostra, si vorrebbe facilitarne l’accesso anche in Italia.
Ma forse le immagini di “Dark Night” conducono lo spettatore ad una verita più profonda. La vera ragione per cui accadono le tragedie come quelle di Aurora è il nulla. Quel nulla così opprimente che caratterizza il vuoto di tante esistenze che si sentono (e sono) periferiche e che l’angoscia esistenziale dell’irrilevanza delle proprie vite porta a ricercare in gesti estremi una qualche, seppur assurda, ragione per cui esistere… per incidere, almeno per un momento, nella storia.
Una delle frasi che si ascoltano nel film è “Oggi è un giorno qualunque… ma, forse tutta la vita è un giorno qualunque”. Ritengo sia questa la chiave di lettura del lavoro di Sutton.
Il regista ha dichiarato: “…quello che volevo fare era mostrare qualcuno che non dovrebbe avere accesso alle armi, ma, allo stesso tempo, volevo dimostrare che tutti hanno problemi di salute mentale, e in America, specialmente in periferia, questa cosa sta allontanando le persone tra loro”.
La sensazione, vedendo le scene del film di Sutton, è proprio questa. Un malessere diffuso che si impossessa della vita di molte persone della periferia dimenticata, a cui nessuno indica un motivo valido, giusto e buono, per cui spendere la propria esistenza.
I fatti di Macerata, mostrano che anche da noi esistono gravi problemi nella provincia e nella periferia. Spesso in questi ambienti fanno presa i messaggi di una politica che parla alla “pancia delle persone”.
Forse perchè è l’unica politica presente.
“Dark Night” è un’opera che aiuta a riflettere perchè mostra delle pesanti verità da cui non si può prescindere.
Il film uscirà nei cinema italiani il 1 marzo 2018.
Francesco Casarelli
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