FATTI

Presentato al Ministro Kyenge il dossier sull’immigrazione nel Salento

Si è conclusa a Lecce la visita del ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge nel Salento. In mattinata, dopo aver visitato la Casa della Carità a Lecce, la Kyenge si è recata a Nardò, dove ha visitato i luoghi che sono stati simbolo dello sfruttamento dei migranti africani impegnati nella raccolta delle angurie e del pomodoro, come l’ex masseria Boncuri di Nardò nota anche per essere stata, due anni fa, palcoscenico del primo sciopero dei braccianti contro i caporali. In questo luogo il ministro ha affermato: “Il passaggio di un ministro è un’opportunità per far luce su situazioni come queste, perché ci si renda conto della realtà e per tentare poi di creare con tutti, istituzioni, lavoratori, organizzazioni sindacali, un sistema che vada oltre l’emergenza e che possa concretizzarsi in una vera politica di accoglienza, superando le incomprensioni per mettere al primo posto il migrante e dargli delle risposte concrete“. Al ministro è stato consegnato il primo rapporto dell’Osservatorio Placido Rizzotto su agromafie e caporalato dal quale emerge che la Puglia è tra le regioni maggiormente a rischio con le province di Foggia e Lecce. Il ministro ha rilasciato alcune brevi dichiarazioni, a partire dalla situazione dei richiedenti asilo: “Il governo punta ad ampliare i posti fino ad ottomila, con un incremento anche in Puglia”. La regione è stata lodata dal ministro come territorio che sa offrire validi progetti di accoglienza. Quanto alla situazione dei migranti impiegati nei lavori stagionali in condizioni durissime e con una retribuzione al di sotto di qualsiasi standard, la Kyenge ha spiegato: “Più che nuovi schiavi ci sono nuove povertà che dobbiamo combattere con la cultura della legalità. Bisogna togliere queste persone dalla condizione di invisibilità, di ricattabilità e questo vale anche per gli italiani di nascita”. 
Un secondo dossier con tutti i numeri dell’immigrazione in provincia di Lecce è stato presentato nel pomeriggio a Lecce, presso il laboratorio Immigrazione e integrazione promosso dal Centro Servizi Volontariato Salento. Qui di seguito riportiamo la scheda sintetica.


IMMIGRATI NEL SALENTO. PROFILO E PROVENIENZE
Sono oltre 20mila le persone immigrate che vivono nella provincia di Lecce di cui 12.981 extra Ue e 7.357 cittadini comunitari (dati prefettura di Lecce al 31.12.2012). Tra la popolazione comunitaria il dato femminile (5280) è più che raddoppiato rispetto a quello maschile (2077). La città di Lecce, poi, si tinge letteralmente di rosa: ci sono quasi 1.000 cittadine immigrate comunitarie su un totale di 1.264. Gli extracomunitari che risiedono in Provincia sono soprattutto uomini (7.172), le donne sono 5.809. Rispetto al 2011 la popolazione immigrata residente in provincia è aumentata di 1.157 unità. 
Sono soprattutto rumeni, seguiti dagli albanesi, i senegalesi e i marocchini. A Lecce città il dato è leggermente differente: il primo Paese di provenienza è l’Albania, seguito da Filippine, Sri Lanka, Cina il Senegal e India.


LAVORO. AUMENTANO LE IMPRESE GESTITE DAI MIGRANTI
Nella provincia di Lecce, dai dati diffusi da Unioncamere, nel 2012 ci sarebbe stato un vero e proprio boom di imprese gestite da immigrati: un aumento del 13% rispetto al 2011. C’è da considerare che si tratta, per il 90% di ditte individuali, partite Iva commerciali riferite anche a lavori di tipo stagionale, ambulantato. Dall’ultimo dato fornito dalla Camera di Commercio di Lecce, aggiornato al 30 Giugno 2013, le imprese salentine avviate da persone provenienti da Paesi extracomunitari registrano un +6%, passando da 4481 a 4750 unità, con un saldo positivo di 269 imprese, dato in controtendenza, rispetto all’andamento negativo dell’imprenditoria autoctona, che vede chiudere, negli ultimi 12 mesi, 321 imprese. Tali aziende rappresentano oggi oltre il 6,5% del tessuto produttivo locale.
In aumento soprattutto le imprese legate al settore del Commercio che registra un incremento in termini assoluti di 230 unità (+8,2%). In termini percentuali, i settori che registrano le maggiori variazioni positive sono il settore dell’Energia (+150%), quello della Sanità (+25%) e quello del Noleggio e agenzie di viaggio (oltre il 23%). 
Si tratta soprattutto di persone provenienti dal Senegal, dal Marocco, dalla Cina, dall’India, dall’Albania e dal Pakistan.


LE DONNE IMMIGRATE NEL LAVORO DI CURA: ANCORA TROPPO SOMMERSO
Nel 2012 quasi metà dei lavoratori domestici è un extracomunitario: se ne osservano 467.565 su un totale di 982.975 (47,6%). Le donne rappresentano la maggioranza dei lavoratori stranieri impiegati nel settore della cura domiciliare. Il lavoro di cura all’interno delle famiglie pugliesi è svolto dal 10,5% degli immigrati presenti sul territorio regionale, secondo l’indagine di Migrantes. 
Si tratta di lavoratrici mediamente più giovani rispetto alle italiane, 45 anni è l’età media, vengono per lo più da paesi dell’Est e hanno un livello di istruzione superiore. Lavorano un numero maggiore di ore settimanali rispetto alle colleghe italiane e guadagnano 300 euro in meno rispetto agli uomini e il 31% in meno rispetto alle italiane. È quanto emerge da uno studio della Fondazione Leone Moressa. Negli ultimi 4 anni si è verificato un significativo processo di emersione, grazie ad un congiunto sforzo interistituzionale, che ha visto aumentare la loro quota di occupazione, ma resta ancora molto diffuso il lavoro nero, soprattutto nel Meridione.
La Cgil di Lecce sostiene che, nonostante la sanatoria, il Salento non è isola felice per le donne straniere che lavorano a supporto delle famiglie salentine. Spesso lavorano in posizione irregolare e le richieste di regolarizzazione sono ancora troppo poche. 
Le donne immigrate corrono, inoltre, il rischio di essere vittime di una doppia discriminazione: etnica e di genere. Il pericolo per loro è di essere condannate all’invisibilità nel loro ruolo di assistenza domestica, confinate in un ambito strettamente privato, reso ancora più vulnerabile dalla eventuale assenza del permesso di soggiorno.
Nonostante gli sforzi compiuti per l’emersione del nero nel lavoro di cura (es. progetto R.O.S.A. della Regione Puglia), anche nelle case salentine alle badanti e alle colf si richiede di essere a disposizione 24 ore su 24, rimanendo irregolari e spesso segregate in casa ad assistere persone allettate. 


SONO UOMINI…O CAPORALI? NEI CAMPI SI LAVORA, QUANDO VA BENE, PER 15 EURO AL GIORNO
Una delle piaghe che la Puglia e il Salento ha dovuto affrontare è quella del Caporalato. La Flai Cgil, al fine di raccogliere dati sul fenomeno, ha avviato un progetto di monitoraggio “Gli invisibili delle campagne di raccolte”. Mappare la presenza degli “invisibili” appunto, di lavoratori stranieri senza contratto e senza alcun tipo di garanzia è un lavoro arduo. Dai dati, ovviamente parziali, in possesso della Flai Cgil, sono circa 30.000 in Italia i lavoratori migranti sotto caporalato impegnati nel settore della raccolta in campo agricolo. Provengono da Nigeria, Sierra Leone, Mali, Uganda, Burkina Faso, Romania, Polonia, Bulgaria, alloggiano in baracche di fortuna e sono costretti a subire giornalmente le vessazioni dei caporali. In Puglia i lavoratori sono principalmente impegnati nella raccolta dei pomodori e nel Salento nella raccolta delle angurie.
Secondo la Cgil ora in attività in provincia di Lecce ci sono circa 300 lavoratori, il 20% in meno rispetto agli anni precedenti. Nel Salento si lavora in squadre di 6 – 8 persone. Il guadagno giornaliero è di 25 euro circa, a cui bisogna sottrarre 5 euro per il trasporto che il caporale chiede al lavoratore immigrato, 3,50 euro per il panino e 1,50 per la bottiglietta d’acqua. Inoltre per trovare lavoro, per l’ingaggio, bisogna pagare prima ancora di cominciare a lavorare 200 euro, una sorta di “pizzo” base al caporale.


AFFITTI. SEMPRE PIÙ CARI PER GLI IMMIGRATI
La realtà leccese su questo aspetto è perfettamente in linea con la recente indagine dell’Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) che rivela come gli stranieri paghino affitti più cari in media del 10-20% rispetto agli italiani. Una manna dal cielo per i locatori che dispongono di grandi patrimoni immobiliari composti da piccoli appartamenti. Anche a Lecce gli immigrati incontrano forti difficoltà nel trovare un alloggio. Con stipendi molto risicati poi, è impossibile permettersi di essere indipendente, quindi devono organizzarsi per condividere lo stesso appartamento tra connazionali. In Puglia non sono rare le situazioni in cui nello stesso appartamento vivono dieci persone. Il risultato sono spesso condizioni igieniche precarie per chi vi abita. Secondo l’indagine “Sotto la soglia”, promossa dall’Ue e dal Ministero dell’Interno, in Puglia solo l’1% degli immigrati intervistati può permettersi di vivere da solo. La soluzione della convivenza è frequente tra i giovani stranieri che si organizzano per svolgere piccoli commerci. 


SBARCHI. UN FENOMENO IN APPARENTE CALO
Secondo i dati della Divisione Immigrazione della Questura di Lecce, nel territorio provinciale, negli ultimi tre anni gli arrivi sulle coste hanno visto un lieve calo. Se nel 2011 in 63 sbarchi sono arrivate 2.604 persone di cui 744 minori e 73 donne, nel 2012 gli sbarchi sono stati 68 per un totale di 2.177 persone. Se il numero delle donne è rimasto quasi uguale (79 unità), nel 2012, sono nettamente diminuiti i minori (“solo” 228). 
Al primo posto in questo biennio rimangono gli arrivi dall’Afghanistan (1047 nel 2011 e 819 nel 2012) e dal Pakistan (442 nel 2011 e 770 nel 2012). La “classifica” nel 2011 vede il susseguirsi di egiziani (297), Iracheni di etnia curda (250) e bangalesi (126).
Nel 2012, invece, al terzo posto gli arrivi dal Bengala (197), Marocco (99) e Iran (85). Nei primi mesi del 2013, con 16 sbarchi sono arrivati 641 persone, di cui 80 minori e 26 donne. Arrivano, ancora una volta soprattutto pakistani (431) e afghani (101). Di seguito siriani (64), iraniani (15) e dal Bengala e India (11). 
Un dato confermato dal Centro Don Tonino Bello di Otranto, uno dei 5 Centri di prima accoglienza presenti sul territorio nazionale, affidato dal Comune alla Misericordia di Otranto. Secondo la Misericordia, nel 2012 sono state più di 2000 le persone sbarcate e in oltre 6 mesi del 2013 non si è arrivati neanche a 1000. Un fenomeno particolare, in quanto gli sbarchi si sono concentrati maggiormente durante il periodo invernale rispetto a quello che era accaduto negli anni precedenti. Un dato, questo, indubbiamente parziale: esiste un sommerso “invisibile” che sfugge spesso alle rilevazioni ufficiali e che riguarda tutti coloro che arrivano sulle nostre coste e si nascondono o scappano. 


RIFUGIATI: “QUANDO SEI NATO NON PUOI PIÙ NASCONDERTI”. A LECCE SONO SEMPRE DI PIÙ
Secondo il Rapporto Annuale del sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e rifugiati aggiornato al 2012, elaborato dal Ministero dell’Interno e dall’Anci, nel 2011, tenendo conto della numerosità dei posti disponibili, la Puglia è la regione che accoglie il numero maggiore di rifugiati e richiedenti asilo: circa 15mila (24%). Di questi, 13mila sono accolti nei Centri di accoglienza/Centri di accoglienza richiedenti asilo (42% del totale degli accolti in Italia nei CDA/CARA). In Puglia, i posti dei CDA/CARA sono circa 1700. 
Il Salento, da sempre terra di sbarchi, di frontiera e di accoglienza, ha visto negli ultimi anni aumentare il numero di richiedenti asilo politico: se nel 2011 erano 1757, nel 2012 sono passati a 2028, nei primi mesi del 2013 sono, invece, 598. Sempre secondo i dati diffusi dalla Questura di Lecce, i migranti richiedenti asilo direttamente negli uffici della Divisione Immigrazione sono stati 93 nel 2012, balzando a 340 nei primi mesi del 2013. Raddoppiano, inoltre, i dati relativi ai permessi di soggiorno: se nel 2011 sono stati 3079, nel 2012 sono arrivati a ben 6440 con un incremento percentuale del 109%.
Da gennaio 2013 la situazione in provincia è decisamente tracollata. In attesa di accoglienza, vista la saturazione dei posti nei CARA e negli SPRAR, numerose persone immigrate, provenienti soprattutto da Siria, Iraq e Afghanistan si sono rifugiate nel Dopo Lavoro ferroviario di Lecce nella speranza di trovare accoglienza. Un sovraffollamento dovuto anche alla decisione da parte del Ministero dell’Interno di concludere in maniera definitiva il progetto di finanziamento per l’emergenza Nord-Africa.


MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI: PICCOLI UOMINI ALLA RICERCA DI UN FUTURO
Secondo il IV Rapporto “Minori fuori famiglia” elaborato nel 2012 dall’Osservatorio Regionale per le Politiche Sociali con i dati relativi al 2011, degli oltre 3mila bambini e bambine che vivono lontani dal proprio nucleo familiare d’origine, il 23% sono stranieri. Un dato in costante aumento: sono stati 579 nel 2011, pari all’80% di tutti i minori stranieri fuori famiglia, e sono più che raddoppiati (+ 112%) rispetto al 2007; il fenomeno è cresciuto in soli 5 anni, anche per effetto delle diverse emergenze periodiche connesse in particolare alla crisi in Nord-Africa, che proprio nel 2011 ha avuto il suo apice. Ed è proprio la provincia di Lecce con il 45,8%, quasi la metà di tutti i minori stranieri presenti in regione, con 265 presenze, a registrare il primato regionale. 
Un dato che, se confrontato con quello fornito dalla Questura di Lecce relativo al 2012, continua a crescere, arrivando a 323 minori stranieri non accompagnati. Nei primi mesi del 2013, inoltre, se ne sono aggiunti altri 37.

Marco Peroni
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