FATTI

Bambini di Natale

Le cronache recenti hanno portato alla ribalta mediatica nazionale il nome del teologo e pastore valdese Paolo Ricca, grazie alla peculiare ” consulenza” da questi offerta a Roberto Benigni in occasione dello spettacolo sui 10 Comandamenti. Per la verità, Ricca è da diversi decenni sulla breccia degli studi biblici e della testimonianza cristiana ed in occasione dell’ultimo Avvento – in una appassionata predicazione – ha pronunciato parole suggestive sul senso cristiano dell’attesa.
Riflettendo sul Natale imminente, egli ha detto tra l’altro:

«Dio doveva diventare bambino se voleva condividere fino in fondo la condizione umana, perché non c’è uomo o donna che non sia stato bambino o bambina […]. Per il bambino tutto è possibile, il bambino non conosce il confine tra il possibile e l’impossibile. Per questo è così vicino a Dio, per il quale tutto è possibile. Diventare bambini significa entrare nell’orizzonte delle infinite possibilità di Dio […]. Ecco dunque il messaggio […]: a Natale, “troverete un bambino”.
Perché troverete un bambino? Perché anche voi dovete diventare bambini, cioè uomini e donne senza pregiudizi, uomini e donne che contano sulle infinite possibilità di Dio».

Patiens col piccolo Egidio a santa Maria in Trastevere

Così, assieme alla venuta del Dio bambino, due storie di Natale e di bambini mi paiono particolarmente emblematiche di questo tempo particolare: la prima ha avuto come scenario la basilica di santa Maria in Trastevere. Tra i quasi 500 ospiti del tradizionale pranzo natalizio organizzato dalla Comunità di sant’Egidio, c’era un piccolo bambino di soli sette mesi, seduto al “tavolo d’onore” con la mamma, di nome Patiens.
Patiens,
nigeriana, era giunta a Lampedusa incinta del piccolo. Non parlava una parola d’italiano ed era disperata, ma – grazie all’aiuto della Comunità – ha trovato accoglienza. Giunta infine a Roma, ha dato alla luce il suo bambino, sette mesi fa: e quando le è
stato chiesto come intendeva chiamarlo, non ha esitato un attimo e ha
scelto proprio Egidio.
Anche la seconda storia comincia in mare, al largo dello stretto di Sicilia, a sud di Lampedusa, dove la Marina militare italiana – soccorrendo alcune imbarcazioni di fortuna – ha salvato le vite adulte di circa 900 migranti e consentito la nascita in mare di un piccolo che è stato chiamato Testimony Salvatore.

Kate con Testimony Salvatore, nave Etna

La mamma del neonato si chiama Kate, ha 28 anni, nigeriana.
Ha compiuto il suo viaggio – tra speranza e disperazione – con un altro bambino di poco più di un anno, giungendo dapprima in Algeria e poi in Libia, da dove è infine salpata la misera imbarcazione soccorsa dalla nave Etna.
La notizia – prima che rimbalzasse sui giornali nazionali di ieri, con la riapertura dopo la pausa natalizia – è giunta al mondo grazie ad un tweet della Marina militare.
Anche per la fragile e travagliata famiglia di Testimony Salvatore sembrava non esserci posto: non erat eis locus.
Ma «He’s blessed»: è benedetto, ha detto mamma Kate ai suoi soccorritori quando le hanno fatto notare come il bambino fosse nato il 25 dicembre. Racconta un quotidiano: «Lei, cristiana, ha voluto che i medici e infermieri che l’hanno aiutata a partorire battezzassero il bimbo. […] “Era Natale ed è andato tutto bene”».
Tutto bene. Questa volta è andata proprio così.
Grazie anche a donne ed uomini di buona volontà, che – nonostante la scelta insensata di chiudere Mare nostrum – hanno cooperato a difendere vite umane ed a consentire – ancora – la nascita di (un) Salvatore.

Paolo Sassi

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