La pena di morte nel mondo – Rapporto annuale
Puntualmente ogni anno Amnesty International – attraverso il suo rapporto – ci consente di comprendere lo stato dell’arte dell’applicazione della pena capitale nel mondo. Si tratta di un documento denso di dati provenienti da diverse fonti: da dati ufficiali a informazioni provenienti dai
Anche quest’anno i dati presentati rilevano la conferma di un trend positivo che dura da diversi anni. Negli ultimi 40 anni, numerosissimi paesi hanno abolito la pena capitale per tutti i reati [1]. Nel 2014 Amnesty International ha registrato le esecuzioni in 22 paesi, lo stesso numero del 2013. Almeno 607 esecuzioni sono state eseguite in tutto il mondo, un calo di quasi il 22 per cento rispetto al 2013 [2]. Questa cifra non include il numero di persone che si ritiene siano state messe a morte in Cina, per le ragioni sopra accennate. Tre paesi – Iran, Iraq e Arabia Saudita – sono stati responsabili del 72 per cento delle 607 esecuzioni registrate, a conferma di quanto il problema dell’applicazione della pena di morte nel mondo resti principalmente asiatico.
Un numero allarmante di paesi che hanno usato la pena di morte nel 2014 lo hanno fatto in risposta a minacce reali, o percepite come tali, alla sicurezza dello stato e alla sicurezza pubblica, poste dal terrorismo, dalla criminalità o dall’instabilità interna. Si pensi al caso del Pakistan che ha revocato la moratoria, che durava da sei anni, delle esecuzioni di civili sulla scia del terribile attacco alla scuola di Peshawar. Il governo si è anche impegnato a mettere a morte centinaia di persone nel braccio della morte che erano state condannate con capi d’accusa connessi al terrorismo. A dicembre del 2014 l’Indonesia – con grande sconcerto dell’opinione pubblica internazionale – ha annunciato la ripresa delle esecuzioni per i reati connessi al traffico di droga internazionale, considerata dai rappresentanti del governo una vera e propria “emergenza nazionale”. Anche la Giordania ha ripreso le esecuzioni, dopo una pausa di otto anni, giustiziando 11 persone condannate per omicidio. Le autorità hanno dichiarato esplicitamente che l’iniziativa è stata presa per contrastare l’incremento dei tassi di omicidio, quando ormai diverse ricerche (condotte anche dalle Nazioni Unite) attestano che non esistono prove convincenti che supportino l’idea che la pena di morte funzioni meglio come deterrente contro la criminalità o che sia più efficace di una pena detentiva.
Ad eccezione dell’Europa e della regione dell’Asia centrale, dove la Bielorussia – il solo paese della regione dove vengono messe a morte i condannati – ha ripreso le esecuzioni dopo una interruzione di 24 mesi, Amnesty International ha documentato sviluppi positivi in tutte le regioni del mondo. La regione dell’Africa subsahariana ha fatto speciali progressi, con 46 esecuzioni registrate in tre paesi (la Guinea Equatoriale, la Somalia e il Sudan) hanno eseguito pene capitali rispetto alle 64 esecuzioni in cinque paesi del 2013 con una riduzione del 28 per cento. Il numero di esecuzioni registrate in Medio oriente e nella regione dell’Africa del Nord è diminuito del 23 per cento circa (da 638 nel 2013 a 491 nel 2014). Nelle Americhe, gli Stati Uniti d’America sono il solo paese che mette a morte i condannati, ma le esecuzioni sono diminuite dalle 39 del 2013 alle 35 del 2014, il che segnala una diminuzione costante delle esecuzioni nell’arco degli ultimi anni.
Commutazioni della pena di morte o provvedimenti di grazia sono stati registrati in 28 paesi: Antigua e Barbuda, Bahamas, Bahrain, Bangladesh, Egitto, Ghana, India, Iran, Iraq, Jamaica, Giordania, Kuwait, Malesia, Mali, Myanmar, Nigeria, Arabia Saudita, Sierra Leone, Singapore, Corea del Sud, Sri Lanka, Sudan, Tunisia, Trinidad e Tobago, Emirati Arabi Uniti, Usa, Vietnam e Zimbabwe.
Dopo decenni di in applicazione della pena di morte, a dicembre del 2014 l’assemblea nazionale del Madagascar ha adottato misure legislative per l’abolizione della pena di morte.
E’ senz’altro anche il frutto di un metodo nuovo di lavoro e di sinergia tra governi e le maggiori ONG del mondo, con un ruolo intelligente dell’Italia in prima fila, rinnovato dalle scelte del governo italiano in politica estera che hanno messo la diplomazia umanitaria tra le priorità, nonché delle iniziative internazionali “No Justice Without Life” celebrate nell’ambito della Giornata Internazionale “Cities for Life – Città per la Vita / Città contro la Pena di Morte”, che si celebrano ogni anno il 30 novembre (a ricordo della prima abolizione della pena capitale nel Granducato di Toscana, il 30 novembre 1786) e sono promosse dalla comunità di Sant’Egidio, con l’apporto dell’Unione Europea.
PAESI ABOLIZIONISTI E MANTENITORI AL 31 DICEMBRE 2014
Più di due terzi dei paesi al mondo ha abolito la pena di morte per legge o nella pratica. Al 31 dicembre 2014 i paesi erano così suddivisi:
- Abolizionisti per tutti i reati: 98
- Abolizionisti solo per i reati comuni: 7
- Abolizionisti nella pratica: 35
- Abolizionisti totali per legge o nella pratica: 140
- Mantenitori: 58.
1. ABOLIZIONISTI PER TUTTI I REATI
Albania, Andorra, Angola, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Azerbaijan, Belgio, Bhutan, Bolivia, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Burundi, Cambogia, Canada, Capo Verde, Cipro, Città del Vaticano, Colombia, Costa d’Avorio, Costa Rica, Croazia, Danimarca, Ecuador, Estonia, Filippine, Finlandia, Francia, Gabon, Georgia, Germania, Gibuti, Grecia, Guinea, Haiti, Honduras, Irlanda, Islanda, Isole Cook, Isole Marshall, Isole Salomone, Italia, Kiribati, Kirghizistan, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Macedonia, Malta, Mauritius, Messico, Micronesia, Moldavia, Monaco, Montenegro, Mozambico, Namibia, Nepal, Nicaragua, Niue, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Palau, Panama, Paraguay, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Repubblica Dominicana, Repubblica Slovacca, Romania, Ruanda, Samoa, San Marino, Sao
Tomè e Principe, Senegal, Serbia (incluso il Kossovo), Seychelles, Slovenia, Sudafrica, Spagna, Svezia, Svizzera, Timor Este, Togo, Turchia, Turkmenistan, Tuvalu, Ucraina, Ungheria, Uruguay, Uzbekistan, Vanuatu, Venezuela.
2. ABOLIZIONISTI PER REATI COMUNI
Brasile, Cile, El Salvador, Figi, Israele, Kazakhistan, Perù.
3. ABOLIZIONISTI DE FACTO
Algeria, Benin, Brunei, Burkina Faso, Camerun, Congo, Corea del Sud, Eritrea, Federazione Russa, Ghana, Grenada, Kenya, Laos, Liberia, Madagascar, Malawi, Maldive, Mali, Mauritania, Mongolia, Marocco, Myanmar, Nauru, Niger, Papua Nuova Guinea, Repubblica Centrafricana, Sierra Leone, Sri Lanka, Suriname, Swaziland, Tagikistan, Tanzania, Tonga, Tunisia, Zambia.
4. MANTENITORI
Afghanistan, Antigua e Barbuda, Arabia Saudita, Autorità Palestinese, Bahamas, Bahrain, Bangladesh, Barbados, Bielorussia, Belize, Botswana, Ciad, Cina, Comore, Corea del Nord, Cuba, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, Gambia, Guatemala, Guinea, Guinea Equatoriale, Guyana, India, Indonesia, Iran, Iraq, Giamaica, Giappone, Giordania, Kuwait, Lesotho, Libano, Libia, Malesia, Nigeria, Oman, Pakistan, Qatar, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Dominicana, Saint Kitts e Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Singapore, Siria, Somalia, Stati Uniti d’America, Sudan, Sudan del Sud, Taiwan, Thailandia, Trinidad e Tobago, Uganda, Vietnam, Yemen, Zimbabwe.
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