La paura e la speranza. Storie di immigrazione
Dopo il grande successo del romanzo di Fabio Geda, Nel mare ci sono i coccodrilli , un fortunato romanzo di Giuseppe Catozzella ci aiuta a comprendere il grande Viaggio che tanti migranti intraprendono per raggiungere l’Europa, semplicemente per avere un destino diverso, migliore.
«Da un giorno all’altro le tradizioni del nostro paese sono cambiate. La terra del sole e dei colori si è trasformata in un campo d’addestramento a cielo aperto per estremisti. Tutti i nostri garbasar, ijamar, gli hijab colorati non andavano più bene. Si potavano usare per lavare il pavimento. Avevamo l’obbligo di indossare il burqa nero, quello che lascia scoperti soltanto gli occhi. … Ma la cosa peggiore, perché sembrava una punizione, era stata la decisione di tenere spenti i lampioni che di sera illuminavano alcune piazze del centro e qualche viuzza. La sera. Infatti, molti si radunavano nelle piazze, sotto i lampioni a leggere. Pochissimi avevano l’elettricità in casa…Quei luoghi erano la nostra biblioteca a cielo aperto. Ora … tutto era precluso, cancellato, vietato. Al-Shabaab era riuscita a radere al suolo la speranza di un popolo intero. Tutto ciò che fino a quel giorno era stato difficile da realizzare ma possibile, era diventato impossibile. Il sogno, la speranza e la libertà erano stati cancellati con un’unica mossa» (pag. 81).
Samia dopo essere stata notata dal comitato olimpico somalo, arriva a gareggiare ai giochi di Pechino del 2008. Il confronto con le altre sportive, decisamente più attrezzate e preparate, si rivela impietoso, ma lei non demorde. Affiora prepotentemente il desiderio di intraprendere il Viaggio – quello in grado di cambiare la tua vita, di raggiungere un futuro all’altezza delle proprie aspirazioni. Viaggio già intrapreso in precedenza dalla sorella Hodan. Anche se dovrà attraversare il deserto in camion affollati, essere sottoposta alle angherie e alle minacce dei trafficanti di uomini. Con un misero bagaglio, attraversa l’Etiopia, il Sudan, per arrivare in Libia. Tutto ciò con la speranza di poter partecipare alle prossime olimpiadi. Catozzella efficacemente riesce descrivere la ferrea volontà di Samia, desiderosa di essere artefice del proprio destino e di ribadire fortemente la sua dignità di donna, atleta.
«fantasmi ricoperti di sabbia, sporchi e puzzolenti come maiali … a malapena stavo in piedi, ma il mio cervello ha ricominciato come per miracolo a funzionare» (pag. 207). Un cervello e un cuore con un forte senso di solidarietà e amicizia: «Mai nella vita ho amato parlare come nel lungo periodo che ho passato a Tripoli. Abbiamo formato squadre per nazionalità e ci siamo sfidate a carte, ognuna ha insegnato alle altre i propri modi di giocare e poi abbiamo litigato sulle regole. Ci siamo insegnate parole sulle rispettive lingue. Ci siamo raccontate delle nostre famiglie, delle nostre case, dei nostri genitori, dei fratelli, dei nostri amori. Dei piatti preferiti. Ci siamo chieste come avremmo mangiato da schifo in Europa. Ci siamo domandate come sarebbe stata la gente. Ci siamo immaginate le case che avremmo avuto. Le cucine. I bagni con la vasca e la doccia. La moquette per terra oppure il parquet. E poi i lavori. Io sarei stata un’atleta. C’era chi sognava di fare l’avvocato, chi la maestra, chi l’infermiera e la pediatra. Chi invece voleva soltanto una famiglia. Ci tenevamo compagnia con i rispettivi progetti. E poi pensavamo anche alle cose pratiche. A come partire. Per l’ultima volta» (pag. 211).
«In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro. Ritorna la figura dell’Innominato di Manzoni. La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti “innominati”, responsabili senza nome e senza volto. «Adamo dove sei?», «Dov’è tuo fratello?», sono le due domande che Dio pone all’inizio della storia dell’umanità e che rivolge anche a tutti gli uomini del nostro tempo, anche a noi».
«E’ necessario – ha aggiunto Marazziti – creare uffici di immigrazione europei sulla riva Sud del Mediterraneo, anticipare la richiesta di protezione presso le rappresentanze consolari e diplomatiche in Medio Oriente e nel Maghreb, per avviare viaggi sicuri e programmati, non in mano ai trafficanti di vite umane; è da avviare la creazione di campi di prima accoglienza europei anche su territorio italiano per permettere l’asilo non solo nel paese di arrivo ma in tutti i paesi dell’Unione. E può essere avviata in sede Onu la corsia preferenziale per la creazione di campi Onu di accoglienza in Libia e in Tunisia e Marocco, per garantire condizioni di vita meno disperate e più’ sicure, sotto responsabilità’ internazionale. L’Italia può portare queste proposte al tavolo europeo».
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