Voci dal Mediterraneo, poesia e migrazione/transito/esilio/asilo
Su questo stesso blog si è detto di come la poesia, antica e recente, dia voce al dolore dei migranti e dei rifugiati, al loro “addio ai monti” della giovinezza, al loro salire le ardue “altrui scale”.
Si vuole continuare questo lavoro di sensibilizzazione e informazione facendo spazio ad alcuni poeti italiani contemporanei (più o meno famosi):
[nella foto Tavolo Mediterraneo, di Michelangelo Pistoletto]
Fernanda Ferraresso, Io sto in fondo al mare:
Io resto quaggiù / […] una terra senza prigioni e un sogno sarà il mio respiro d’acqua / un vaso di cristallo il cuore / […] non più lamenti/ non più aprirsi e chiudersi di cancelli / le nostre vite saranno astucci di perle.
Michele Brancale, I clandestini:
I clandestini sono esseri umani / che hanno l’inverno nel cuore ed intorno / una tempesta ed il morso dei cani / sul sole delle attese. Ed il ritorno / alla fornace da cui partirono / gli viene rimproverato, a contorno / di un gelo palese, fatto di attriti, / come un dovere figlio della colpa, / come per gioco fossero partiti, / fuggiti. / Ogni notte una nave salpa.
Maria Rosaria Verdicchio:
Si stendono al sole panni lavati, si fa pulizia, il cortile lindo e pinto, la raccolta differenziata e l’albero di pesche annaffiato la mattina presto, prima che arrivi il caldo del mezzogiorno. Voci silenziose di rado diventano canti e allegria. Prima regola: “Non disturbiamo, facciamo che nel circondario si accorgano di noi il meno possibile”. Qualcuno chiede notizie sulla scuola di italiano. […] Poi due chiacchiere, scambiate in chissà quante lingue con i vicini, la bicicletta poggiata al muro della casa. Vengono dall’Africa, e ogni loro gesto mi restituisce il valore inestimabile di una vita senza guerre.
Michela Zanarella, Terra lontana (canto d’immigrati):
Pesa la lontananza. / Non dispero. / Anche se gli occhi stringono. / Al di là del mare / vi cerco, miei cari. / Ora non piango più / vi darei il mio sole, / quel sale che squilla / gli aculei alla luce. / Verrà il giorno / che donerò il mio sguardo / ai luoghi compagni. / Mi sveglierò erba sotto il sole, / a scremare le estati. / Il mio cuore / si gonfierà di terra, la mia. / Tornerò. E i miei occhi vedranno / quel pianto che non hanno visto mai.
Luca Giordano, Venere di Lampedusa:
Esce dall’acqua, sa di kerosene e / sale, nera ma bella scompone / le mie ragioni. / Fugge dalle bombe / in Iraq o cammina nella giungla. / Cerca il cibo col figlio in braccio. / La mia Venere non è evanescente / come gli eroi nascosti dietro schermi / di vetro, ha mille storie nello sguardo, / scritto sulla sua pelle / un racconto di vita. / L’accompagna l’odore del viaggio, / nelle mani mi porta un sogno: vivere.
Erri De Luca, Abbiamo amato:
Abbiamo amato l’Odissea, Moby Dick, Robinson Crusoe, / i viaggi di Sindbad e di Conrad, / siamo stati dalla parte dei corsari e dei rivoluzionari. / Cosa ci fa difetto per non stare con gli acrobati di oggi, / saltatori di fili spinati e di deserti, / accatastati in viaggio nelle camere a gas delle stive, / in celle frigorifere, in container, legati ai semiassi di autocarri? / Cosa ci manca per un applauso in cuore, / per un caffè corretto al portatore di suo padre in spalla / e di suo figlio in braccio / portato via dalle città di Troia, svuotate dalle fiamme? / Benedetto il viaggio che vi porta, il Mare Rosso che vi lascia uscire, / l’onore che ci fate bussando alla finestra.
Francesco De Palma
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