Interviste: Paola Germano, del programma DREAM, sulla Rep. Centrafricana
La Rep. Centrafricana, uno dei paesi più poveri del mondo, purtroppo teatro di una guerra civile che ha rischiato di assumere colorature “religiose”, è salita agli onori delle cronache quando papa Francesco vi ha aperto l’Anno Santo della Misericordia durante la visita pastorale del novembre scorso, nonché quando ha nominato cardinale l’arcivescovo di Bangui, la capitale, mons. Dieudonné Nzapalainga, della Congregazione dello Spirito Santo.
Impegnato in prima persona per il processo di pace nel paese, il neocardinale aveva fondato nel 2013, con il presidente del Consiglio Islamico e quello dell’Alleanza Evangelica, una Piattaforma interconfessionale ed interreligiosa per la pace in Centrafrica. La sua nomina è stata frutto di una scelta di dialogo e di periferia, così tipica del pontificato di papa Francesco.
Per conoscere meglio la situazione che vive oggi il paese abbiamo voluto intervistare la responsabile di una realtà italiana che proprio in queste settimane sta rafforzando il suo impegno in Centrafrica, la dr.ssa Paola Germano, di DREAM (Disease Relief through Excellent and Advanced Means), espressione “medica” della Comunità di Sant’Egidio, un modello di contrasto all’AIDS, alla malnutrizione, ma anche ad altre malattie infettive e patologie croniche, che ha scelto di intervenire in Africa con gli stessi protocolli diagnostico-terapeutici caratteristici del Nord del mondo [nelle due foto a lato, con alcuni membri della Comunità di Sat’Egidio di Bangui, e con gli Amici del Centrafrica e la ministra della Sanità].
Com’è nata l’idea di una presenza di DREAM in Centrafrica?
Molti sono i paesi africani che attraverso governi, congregazioni religiose o associazioni ci chiedono di lavorare insieme a favore dei malati di AIDS, tubercolosi e malaria, replicando il modello DREAM. Purtroppo non sempre è possibile rispondere positivamente, per mancanza di risorse umane e finanziare. Altre volte, unendo le forze, ci si riesce. Un anno fa abbiamo ricevuto una richiesta di questo genere da un’associazione italiana che si chiama Amici per il Centrafrica. Chiedevano che li aiutassimo ad aprire a Bangui un centro di salute.
Una sinergia interessante ….
Assolutamente. L’Associazione Amici per il Centrafrica si è costituita come ONLUS nel 2001, ma la sua storia inizia nel 2000, nella savana centrafricana, appunto, quando Carla Pagani, nipote e ospite di una religiosa della missione di Zomea, si fa toccare dalla povertà e dalla sofferenza di tanti. Decide di fare qualcosa, ne parla al rientro a casa, nasce l’associazione di cui ho appena detto: in genere professionisti del nord Italia, completamente volontari, come noi. In 14 anni hanno aiutato per la costruzione di 14 scuole e di due centri sanitari. A Bangui l’Associazione gestisce con le suore della Provvidenza di Rouen una grande scuola in centro città, una delle poche funzionanti, con 650 alunni. Ma i bambini spesso si ammalano, e in un paese dove la sanità è allo sfascio. Lo scorso anno, grazie anche al buon nome che Sant’Egidio si è fatta in seguito alla mediazione di pace tra le fazioni coinvolte nella guerra civile, ci hanno contattato per aprire un dispensario con un servizio di telemedicina. Ben presto, però, l’Associazione si è resa conto che il dispensario non era sufficiente, l’AIDS e le malattie ad esso correlate colpiscono duramente. Soprattutto Amici per il Centrafrica ha sposato il sogno di DREAM, quello di far nascere anche a Bangui bambini senza AIDS, e dare così un futuro al paese. Quest’anno hanno costruito un centro di salute dove sarà possibile far nascere bambini sani e curare le madri, perché non rimangano orfani. Il centro è quasi finito, stiamo reclutando il personale che a breve cominceremo a formare, si prevede l’apertura di DREAM per il prossimo anno.
Qual è la situazione nel paese?
Purtroppo non è buona. Le violenze si erano fermate, grazie alla mediazione della Comunità e alla visita del Papa, che ha visto cristiani e musulmani accoglierlo e impegnarsi a lavorare per la riconciliazione. Ma nel nord del paese sono poi ripresi gli scontri tra “Seleka” e “antiBalaka”. E anche a Bangui non mancano gli episodi di violenza: la comunità musulmana vive isolata in un quartiere, il “PK5”; se escono vengono aggrediti. Il nuovo cardinale lavora molto con i capi della comunità musulmana per creare un clima di riconciliazione che permetta a tutti di vivere insieme. A novembre verranno a Roma i rappresentanti delle varie parti per aprire un tavolo di trattative. La popolazione chiede pace e l’annuncio che DREAM sarà presto operativo è stato interpretato come un impegno a ricostruire ciò che la guerra ha distrutto.
Com’è Bangui oggi?
Le scuole pubbliche sono poche, senza strutture, non funzionano. Gli ospedali sono in rovina, il servizio sanitario non è in grado di garantire cure alla popolazione. C’è una grande carenza di professionisti della salute e l’esigenza di formarne molti. In questo senso l’aiuto della cooperazione italiana, che ha appena aperto un ufficio nel paese, potrà essere di un grande aiuto (“E’ giusto stare al fianco di un paese che riteniamo strategico per la stabilità dell’Africa centrale. L’Italia può e deve fare la differenza”, ha dichiarato il Viceministro degli Esteri, Mario Giro, responsabile per la cooperazione italiana).
Qual è stata la reazione della gente alla nomina dell’arcivescovo Nzapalainga a cardinale?
La nomina del nuovo cardinale è stata una sorpresa e una festa. Quella domenica il vescovo era fuori città, a visitare una missione. La gente si è riversata nelle strade ad aspettare il suo ritorno, la via principale era piena di persone di tutte le età che agitavano grandi palme, le macchine suonavano i clacson, si innalzavano cori. Anche la comunità musulmana ha fatto festa per la nomina. Per tutti è un segno di speranza, è la prova che il Papa non li ha abbandonati, è il riconoscimento del grande lavoro che Nzapalainga ha fatto e sta facendo per la riconciliazione.
Cosa ci si aspetta dal futuro?
La gente ha sete di pace. Le violenze, gli scontri hanno ridotto la maggior parte della popolazione alla fame, i loro figli crescono per la strada, non vanno a scuola, se qualcuno si ammala muore per mancanza di cure. E’ un paese fragile che ha bisogno di molto sostegno e aiuto. Il cardinale mi ha detto: “Aiutateci a creare una società più giusta e più umana”.
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