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Anziani che reinventano la loro vita: ecco le loro storie a ‘La forza degli anni’

Due giorni di confronto a Firenze in cui sono stati loro a parlare. L’incontro con gli stranieri e con i detenuti, diventano “maestri” con le scuole per i richiedenti asilo. Betori: “Vincenti proprio perché disarmati”. Maria Falcone: “Quello che hanno insegnato a me e a Giovanni”. Da Dino che porta la cena ai senza fissa dimora a Dory che combatte contro il razzismo. 

Gli anziani sognano, creano, hanno energie alternative (il tatto, l’attesa, la volontà essere utili, di sostenere i propri cari, insegnare a quelli che sanno meno di loro o sanno troppo ma dimenticano le cose essenziali); energie che reggono il mondo, la città, il quartiere. Se sperano gli anziani, sperano anche i giovani. Maria Falcone, sorella del giudice ucciso a Capaci nel 1992, ricorda bene le parole dei nonni, quelle che ascoltava con suo fratello Giovanni: “Sono convinta che la vicinanza degli anziani che danno agli altri la propria esperienza aiuti a capire la differenza tra il bene e il male. Io spero in un futuro migliore. Da 24 anni incontro i giovani nelle scuole che si avvicinano a Giovanni e a Paolo Borsellino, che sono state le nostre Torri Gemelle: da quel momento si è cominciato poco a poco ad andare nuovamente avanti”. 
Nella Sala d’Arme di Palazzo Vecchio la sua voce si unisce a quella del cardinale Giuseppe Betori e a quella del sociologo libanese Ahmad Beydoun, a quella di Graziella e Gloria che vanno a trovare i detenuti a Sollicciano alle Sughere di Livorno, a quella di Fiorella che conduce con Giovanna Visoni ed Enzo Cammelli(98 anni), Adriana Turini, Maura Mazzini, Domenica Passuello, Lidia Pieraccioni e altri più scuole d’italiano per i richiedenti asilo; e, ancora, a quella di Dino Impagliazzo, del movimento dei Focolari, che a 88 anni porta avanti con altri pensionati ed amici un servizio di pasti per i senza fissa dimora a Roma. 
Sono tutti testimoni della “forza degli anni”, evocata dal convegno sull’età più lunga che la Comunità di Sant’Egidio ha promosso nello scorso fine settimana a Firenze in Palazzo Vecchio e in Palazzo Medici Riccardi, col patrocinio di Comune e Città Metropolitana, in collaborazione con l’Arcidiocesi e col sostegno della Fondazione CR Firenze: la forza degli anni “è una forza – ha detto Betori – da inserire in un orizzonte pieno di senso, sperando laddove ci si è abituati a vivere in un eterno presente; proponendo un modello di vita che può essere vincente proprio perché più disarmato quando interviene la debolezza; contestando la scelta della guerra come se fosse uno strumento inevitabile (ricordo le parole di Giovanni Paolo II quando era imminente la guerra in Iraq) e incontrando, ad esempio, i migranti e i giovani”. 

Betori ricorda le parole di Papa Francesco sull’alleanza, verificata sul campo, tra anziani e giovani e la sua sottolineatura che abbandonare gli anziani è “peccato mortale”. E’ lo sguardo sulla città – anche quella degli istituti e delle rsa – in cui gli anziani rappresentano una riserva reale di umanità e di energie. L’arcivescovo ha ridisegnato per certi versi una pastorale con gli anziani come missionari (durante la visita alla diocesi ha incontrato anche un centro Caritas formato esclusivamente da loro) e testimoni. La diocesi ha in onore e affetto i preti anziani. Il convitto ecclesiastico vuole essere questo segno di attenzione: non si è mai al di fuori della Comunità. 
Il confronto a Firenze rappresenta per Donatella Carmi, della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, “un vero e proprio ribaltamento di prospettiva sul modo con cui pensiamo agli anziani e a noi stessi nell’età che avanza”. Si costruisce, ha osservato Sara Funaro, assessore al Welfare, “una linea retta per il futuro delle città”. Le città occidentali, in questa stagione, registrano un vero e proprio paradosso. Proprio gli anziani, che sono spesso poveri di ritorno, si rigenerano le famiglie, si verificano alleanze tra nonni e nipoti, con pensioni di sussistenza si continuano a sostenere figli disoccupati quando sono già adulti e licenziati. L’anziano, ha osservato Ahmed Beydoun, coglie la forza dell’età più lunga talvolta all’improvviso, quando sente lo scarto delle forze in rapporto a come si è pensato fino a quel momento. Ma proprio allora è capace di un “progetto personale” che dà senso alla propria vita. 
Fiorella Bacherini, ad esempio, ha inserito nel suo progetto quello di insegnare ai richiedenti asilo. E’ per lei un’ancora solida: “Si dà troppo per scontata la libertà: mi si stringe il cuore quando vedo chi evita di creare legami stabili, di impegnarsi a fondo in qualcosa, per la paura di legarsi troppo e alla fine si perde”. 
La forza degli anni diventa anche quella di essere utili agli altri “i ragazzi stranieri a cui insegno l’italiano e che ora, a loro volta, aiutano i senza fissa dimora portando loro la cena. Diventiamo portatori di mitezza e pacificatori, ponendo un argine alle correnti di violenza urbana”. L’anziano diventa un attore prezioso che guarda al futuro e così facendo solleva anche se stesso. “Ne ho fatto esperienza – ha detto Gloria Marchionni – Chi cammina casca se guarda indietro”. Ma anche chi ha davanti molto tempo può disperdersi: “Il cellulare – osserva Graziella Grazzini – ci dice che ci manca sempre qualcosa e ci fa rimandare. Si diventa adulti inconsapevoli delle proprie responsabilità”. Ed è irresponsabile riabilitare la guerra come strumento, senza sapere cosa essa veramente comporta. 
Grazziella (proprio così, con la z raddoppiata) Mugnaini, con il servita padre Gabriele Alessandrini, Maria Aufieri, Renata Calzolari e la scrittrice Dory Sontheimer (di Barcellona) hanno declinato questo tema attraverso le memorie personali. Dory Sontheimer, in particolare, dopo la morte dei genitori, rimettendo a posto la casa della madre, ha trovato sette casse di documenti che raccontavano della vera origine della sua famiglia: erano ebrei ma avevano nascosto la loro identità scappando dalla Germania di Hitler in Spagna e salvandosi senza poter salvare gli altri familiari. Dory ha tratto da questa vicenda due libri e ha potuto ricomprendere la madre che, molto anziana e in parte confusa, si svegliava gridando “Viene a prenderci la Gestapo”. 
L’intreccio tra scoperta della radici e la cura con cui lei e la sua famiglia hanno accompagnato gli anni finali del padre e della madre hanno fatto breccia, senza che Dory lo sapesse, in un amico del figlio che frequentava la sua casa e ora è un giornalista del quotidiano Abc. A lui è rimasta impressa, e lo ha scritto recensendo i libri di Dory, la frase che lei ripeteva di fronte allo stupore di un ragazzo che la vedeva affaccendarsi intorno alla madre malata: “Dei genitori bisogna prendersi cura”. E’ anche la strada per prendersi cura del futuro. L’ultimo panel era proprio dedicato al tema: “Il domani è tra noi: incontro tra generazioni e culture”. 
Maria Ballerini (Prato), Fiorella Furlani e Maria Borghin (di Firenze) hanno individuato piste, verificate da loro stesse, di questo incontro possibile e decisivo: chi partecipa alla conduzione di scuole per richiedenti asilo, chi per i più giovani, chi ancora colloquiando con i detenuti in carcere. Sono anche questi i segni di quella “ricetta rivoluzionaria di oggi” di cui ha parlato recentemente Papa Francesco: “Dobbiamo imparare a fare in modo che i giovani colloquino con gli anziani, che vadano da loro… Che i vecchi non entrino in quella strada di dire: ‘Ma sono cose passate, tutto è arrugginito …’. No! Sogna! E il sogno del vecchio farà che il giovane vada avanti, che si entusiasmi, che sia profeta”. 
E’ la profezia di un mondo nuovo che è già e non ancora. Ma quel “già” ha una forza travolgente. La si è vista all’opera nel pomeriggio di sabato, quando i partecipanti del convegno sono andati nella periferia di Firenze a visitare il laboratorio d’arte degli ‘Amici’ che trasfigura la disabilità in un linguaggio altamente comunicativo. 

Michele Brancale
Francesco De Palma
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