FATTI

Roma Rinascente?

Rome by night dalla terrazza de la Rinascente

Che Roma era quella che giovedì scorso ha preso parte all’inaugurazione dei nuovi grandi magazzini de la Rinascente a via del Tritone?
I quotidiani avevano annunciato l’evento, sottolineando per lo più il tempo assai lungo – 11 anni – necessario per la riapertura dello store nella nuova sede romana. E indubbiamente, di un evento si è trattato: una folla numerosissima si è accalcata per tutto il giorno sullo stretto marciapiede sul quale si affaccia l’edificio ristrutturato.
Non mi capitava da tempo di vedere qualcosa del genere; così, verso sera – uscito dall’ufficio dove lavoro, a pochi metri di distanza – mi sono deciso e sono entrato anch’io.

Uno dei manichini iper-realisti

Sulla strada, le vetrine sono occupate da verosimili (e inquietanti) manichini, iper-realisti  realizzati da Francesca Romana Di Nunzio: un body guard, un manager, un architetto… Varcata la soglia, l’effetto è assicurato: i piani dell’edificio, cavo all’interno, sono essi stessi una vetrina di luci; le scale mobili salgono e scendono senza sosta, agli ascensori si assiepano quelli che tentano di raggiungere direttamente la terrazza, al piano interrato un parete intera mostra la bellezza assoluta dell’acquedotto Vergine, del I secolo, di cui qualche traccia era già visibile nella vicina via del Nazareno. La moltitudine è debordante, condotta, guidata e disciplinata da un altissimo numero di giovani body guard (tutti o quasi rigorosamente dal fisico statuario e dalla pelle nera). Non mi sembra la stessa folla che si incontra nella metropolitana: c’è come qualcosa di più “esclusivo”, forse gli abiti ricercati delle signore, i profumi “intercettati”, l’assenza evidente degli studenti o dei giovani della Roma popolare…

L’acquedotto Vergine

Si sale lentamente, quasi mezz’ora per arrivare in cima, all’ultimo piano, passando per borse, profumi, abiti, sciarpe: gli agenti dell’ordine sono cortesi, invitano a procedere in fila indiana, controllando con attenzione la gente, il flusso sulle scale mobili e parlando più o meno discretamente nelle radio di servizio.
Dopo quelli dei grandi marchi della moda, l’ultimo è il piano del cibo, un affascinante quanto incredibile assortimento di cioccolate, vini, dolci, prodotti della tradizione mediterranea. Qualcuno dei presenti prova anche ad ordinare da mangiare nei ristoranti, seppure dovrà farlo con poca o nessuna intimità, nel sopravvento numerico dei curiosi come me che invece aspettano pazienti di poter sbucare in terrazza.
La terrazza è in penombra, il che rende indubbiamente spettacolare la vista di Roma, anche se qualcuno tra i presenti stenta a riconoscere anche gli edifici più tradizionali, illuminati in lontananza.
Discendere è stato più facile, così come guadagnare l’uscita; sono da poco passate le 20 e altra folla – forse più numerosa di quella che avevo incontrato circa un’ora prima – si accalca per entrare, mentre ragazze sorridenti distribuiscono palloncini bianchi col marchio dello store a passanti e turisti.

Il Messaggero, 17 febbraio 1980

Che dire? Ho provato a collegarmi – nella memoria – a qualche altro evento cittadino inaugurativo “di massa”, e ne sono usciti due ricordi assai differenti. Il primo – al quale non ero presente, ma di cui riferirono per giorni le cronache dei quotidiani – è piuttosto recente: l’inaugurazione del punto vendita Trony a Ponte Milvio, nel 2011, che offrì enormi sconti sui prodotti ai clienti che si fossero presentati per primi, causando il blocco della circolazione nell’intero quadrante nord di Roma. Quell’evento fu commentato, da molti, come emblema della fragilità urbana della capitale e manifestazione evidente della fragilità dell’amministrazione civica, incapace di governare materialente la situazione.
All’altro, invece, partecipai con entusiasmo, nel lontano febbraio 1980: era l’inaugurazione di un’opera pubblica, la linea A della metropolitana, che collegava la periferia orientale col centro, da Cinecittà a san Pietro.
Fu una giornata piena di folla incontenibile, di confusione e di festa: si viaggiava gratis, anche lì ci si accalcava disordinatamente per passare i tornelli e salire su quei vagoni che avrebbero reso meno periferici e più cittadini centinaia di migliaia di romani allora ancora costretti ad un viaggio impegnativo per raggiungere il centro della loro città. Un entusiamo emblematico – negli anni di piombo – dell’ansia di normalità ma anche di una certa arretratezza della capitale d’Italia.
Non so se ora le folle di Roma si mobilitino solo per eventi commerciali, nè di quale dei tanti mondi cittadini sia stata rappresentativa quella considerevole massa di gente che è riversata a frotte al richiamo del nuovo; pure, mi ha colpito vedere tanti romani accorsi spontaneamente, senza apparente convocazione.
Nella scelta del nuovo nome di quelli che sino ad allora erano stati i grandi magazzini di Senatore Borletti, nel 1917, intervenne – almeno così sembra – la creatività di Gabriele d’Annunzio, che col termine “rinascente” volle sottolineare il nuovo corso dell’impresa commerciale, dopo l’incendio che ne aveva tragicamente devastato la sede milanese.
Forse, allora, anche la gente di Roma è un po’ così, confusamente alla ricerca di una “rinascita” che non sa trovare?

Paolo Sassi

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