“Nuovo umanesimo”, necessità e chance di questo tempo globale
La ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, ha partecipato ieri al convegno “Le parole della scuola e le parole della vita”, organizzato dalla società “Dante Alighieri” per riflettere sul valore della cultura e sulla necessità di un “nuovo umanesimo” in occasione della firma di un accordo di collaborazione con l’Accademia della Crusca per la promozione dell’italiano.
Al convegno, erano presenti, oltre alla Fedeli, il presidente della “Dante” Andrea Riccardi, il presidente della “Crusca”, Claudio Marazzini, il prof. Luca Serianni, già ordinario alla “Sapienza” di Roma, e la prof.ssa M. Agostina Cabiddu, del “Politecnico” di Milano.
Lungi dall’essere un dibattito di specialisti, il convegno ha affrontato, in particolare nei due interventi maggiori, il nodo della questione: l’impatto che il nuovo tempo della globalizzazione, della comunicazione breve, istantanea e non mediata, ha avuto e avrà sulla cultura così come l’abbiamo intesa finora e come la scuola cerca di trasmettere alle nuove generazioni.
“Nella società globalizzata si sono azzerate tutte le situazioni di intermediazione”, ha detto la titolare del ministero di V.le Trastevere. Servono quindi “molti più studi filosofici, molta più cultura umanistica”. Perché la scuola “deve saper preparare al futuro, non solo al lavoro”, deve “costruire una cittadinanza protagonista”. Lingua e democrazia sono i pilastri della missione educativa: “dentro le contraddizioni del mondo globale abbiamo bisogno di più elementi educativi e in particolare della lingua”, perché “è attraverso la lingua che avviene la comprensione della realtà”.
Di largo respiro anche il contributo di Riccardi: “I venti freddi del mondo globale spingono a indossare una corazza contro gli altri”, ha esordito il fondatore di Sant’Egidio. Ma proprio per questo, “più che di identità chiuse c’è bisogno di cultura e culture”. Ché la mancanza della parola “si fa in certe aree deprivazione più larga, carenza di sani modelli di riferimento, vuoto di valori, fascino della violenza”. Occorre “un grande investimento culturale, che aiuti a recuperare la centralità di idee e punti fermi in un mondo che è senza centro, che è tutto ‘periferico’”. La scuola è uno snodo insostituibile in tale prospettiva: perché, ha scritto Sciascia in “Una storia semplice”, raccontando l’incontro tra il giovane magistrato e il vecchio professore di Lettere: “L’italiano non è l’italiano: è il ragionare”. Dobbiamo allora “colorare il mondo, perché non si ingrigisca, con i colori dell’arte e della cultura”, ha concluso il presidente della “Dante”.
Francesco De Palma
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