FATTI

Quando l’Albania suscitava passioni rivoluzionarie…

Lettura di documenti dopo il lavoro (foto di Petrit Kumi, 1968)

“Terra dell’unione del popolo e della lotta di classe, del partito guida e delle masse sovrane, paese di Enver Hoxha cui va tanta ammirazione e tanta amicizia, ma nessun culto; Albania, in cui le aquile muoiono perchè gli uomini vivano, tu conti in Europa tanti amici fraterni perchè sei il paese della speranza”.

Con queste parole entusiaste e piene di ammirazione, il filosofo francese Gilbert Mury, nel 1970, offriva al piccolo paese balcanico guidato dal dittatore Enver Hoxha, il suo omaggio incondizionato, a quella che considerava la grande avventura albanese della costruzione della nuova “umanità socialista e rivoluzionaria”.
La storia di Gilbert Mury, nato nel 1920, è quella di un intellettuale marxista ortodosso, membro fin da giovanissimo del Partito Comunista Francese, combattente della Resistenza, oppositore verso le “tesi revisioniste” che portarono al processo di destalinizzazione da parte del XX Congresso del PCUS e per questo allontanato da tutti gli incarichi del partito. Uscito dal PCF, partecipò alla fondazione dei primi gruppi marxisti-leninisti francesi e fece parte dell’ufficio politico del Movimento Comunista Francese. Fu privato della cattedra di insegnante di filosofia negli istituti superiori perchè accusato di “istigazione a delinquere” per alcune sue tesi riguardanti gli “incidenti sul lavoro”. Alla fine degli anni ’60, si interessò con passione alla Rivoluzione Culturale Cinese, perchè il processo messo in moto da Mao-Tse -Tung era conforme alla sua idea che i principi rivoluzionari dovvesero essere tradotti nella vita di tutti i giorni e penetrare nelle pieghe più profonde della società. Ciò avrebbe portato alla costruzione di una nuova umanità e di un mondo più libero, più giusto e felice.

Enver Hoxha

Sempre alla fine degli anni ’60, l’Albania, opponendosi anch’essa alle tesi revisioniste su Stalin del XX Congresso del PCUS, aveva rotto i suoi rapporti con l’Unione Sovietica di Kruscev ed era entrata con decisione nell’orbita cinese, importando, oltre a macchinari e tecnologie, anche l’idea della Rivoluzione Culturale.
 Nel 1967, copiando i suoi grandi alleati asiatici, Enver Hoxha mise in moto un grande movimento di rinnovamento rivoluzionario dentro la società albanese, con l’obiettivo di ripulire il paese da tutte le forme di deviazionsmo piccolo-borghese che si erano andate strutturando negli anni. Iniziò una lunga fase di terrore. Fu il periodo dei grandi processi pubblici, dei funzionari di stato incarcerati e condannati a morte. Sempre in quegli anni tutte le chiese e le moschee vennero chiuse e trasformate in cinema o palestre. Fu scritta una nuova costituzione dove l’Albania fu dichiarata il primo “stato ateo” del mondo.
La realizzazione di un processo simile alla Rivoluzione Culturale Maoista, all’interno dell’Europa, non potè non attrarre l’attenzione di Gilbert Mury, che subito si interessò al fenomeno albanese, visto come un modello a cui i rivoluzionari di tutta Europa potevano trarre ispirazione.
Il filosofo marxista-leninista divenne un sincero e appassionato ammiratore di Enver Hoxha e da questi – forse anche perchè memore dei propri giovanili trascorsi francesi – ricambiato con grande amicizia. Fu tra i pochi stranieri ad avere il privilegio di entrare liberamente in Albania. Seguì e sostenne quello che avveniva a Tirana, diventando, con la fondazione dell’Associazione per l’Amicizia Franco-Albanese, uno dei massimi divulgatori del Comunismo in versione Schipetara.
Il frutto del suo impegno per sostenere la “causa albanese” è racchiuso nel volume “Albanie terre de l’homme noveau” (“Albania terra dell’uomo nuovo”), pubblicato in Francia nel 1970. Questo libro è un piccolo compendio della “grande opera di rinnovamento rivoluzionario” messa in atto nel paese balcanico dal Partito del Lavoro di Enver Hoxha. Una società più felice e un’umanità rinnovata secondo i principi del marxismo-leninismo allo stato puro.
“La rivoluzione albanese ha in primo luogo conquistato il potere politico: fu il risultato della dura guerra di liberazione nazionale. La rivoluzione ha poi costruito la base economica sulla quale edificare il socialismo sopprimendo la proprietà privata della terra, delle fabbriche, delle banche e delle imprese commerciali, e creando quindi un’importante produzione avanzata nell’agricoltura e nell’industria. Oggi, la rivoluzione albanese dirige la lotta di classe su un terzo fronte: quello della coscienza e della vita quotidiana degli uomini. (…) E’ questa una lotta di classe contro il capitalismo nonostante ora non vi siano più capitalisti, ed il suo fine è la trasformazione d’ogni militante rivoluzionario, d’ogni albanese in un uomo nuovo. E’ lo stesso scopo che siprefiggeva la Cina Popolaare durante la grande Rivoluzione Culturale Proletaria, con la differenza che qui non c’è un gruppo Liu Schao-ci da allontanare dal potere. Ed è proprio per questo che è molto più facile capire che si tratta di rivoluzionare la vita e, in definitiva, l’essere umano. questa forma di lotta di classe è attualmente la più importante. Ma, più modestamente. è vecchia quanto l’esistenza del Marxismo-Leninismo in Albania” (G. Mury, Albanie terre de l’homme noveau).
Quindi una guerra al capitalismo in un paese senza capitalisti; una rivoluzione (culturale) contro nessun gruppo dirigente da allontanare, una lotta di classe in definitiva contro sè stessi e le proprie nostalgie piccolo-borghesi. Quelle che oggi sicuramente sarebbero definite delle gravi forme paranoidee di un regime totalitario, solamente preoccupato di inventare continuamente strategie per autoconservarsi a spese della libertà e della dignità del popolo, ad una lettura fortemente “ideologica” da parte del filosofo francese, apparivano come la realizzazione di un grande disegno utopico e rivoluzionario.
Gilbert Mury morì nel 1975, pochi anni dopo la pubblicazione del suo libro. Si portò dietro i suoi sogni rivoluzionari e i ricordi dei suoi viaggi nel Paese delle Aquile dove potè ammirare i grandi risultati raggiunti dalla ricoluzione albanese.
Gli furono risparmiate le immagini del paese del 1991, la grande miseria materiale e morale causata dalla follia di Hoxha, le folle di gente che si accalcavano sulle navi al porto di Durazzo per fuggire da quel paese che era diventato un grande gulag.

Francesco Casarelli

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