“25 luglio 1943”: un “Rashomon” che ha segnato la nostra storia …
75 anni da quell’ultima riunione del Gran Consiglio del Fascismo, da quel momento di svolta, per l’Italia, nel corso della II guerra mondiale, dalla fine di un regime che si era identificato in un uomo, Mussolini, che viene messo in minoranza e defenestrato dai suoi stessi sodali di potere: un classico del Bel Paese, ma comunque la premessa dei rivolgimenti che avrebbero portato allo sganciamento dalla Germania e poi alla nascita della Repubblica e di una nuova Italia. Su quelle ore – iniziate in realtà nel pomeriggio del 24 luglio – si è appena soffermato in un volume rigoroso e avvincente (Laterza, 288 pp.), opera di uno dei massimi studiosi della dittatura, Emilio Gentile.
I fatti sono noti. Nella Sala del Pappagallo, a Palazzo Venezia, si riunisce il Gran Consiglio. Il 10 luglio gli Alleati sono sbarcati in Sicilia, il 19 luglio Roma è stata bombardata per la prima volta. Ormai è chiaro a tutti che la guerra è perduta. Ecco allora che Dino Grandi, Presidente della Camera dei Fasci e delle Corporazioni, si fa promotore di un ordine del giorno che, restituendo a Vittorio Emanuele III il comando militare, di fatto esautora il “Duce”. A sorpresa, in piena notte, dopo nove ore e passa di discussione, 19 gerarchi su 28 lo approvano, votando in pratica contro Mussolini. Se questo è risaputo, meno chiaro è lo sviluppo della riunione (svoltasi senza verbalizzazione), le posizioni e gli interventi dei singoli attori della rappresentazione che avrebbe fatto calare il sipario sul regime.
L’autore ricostruisce i presupposti e l’andamento di quelle 24 ore, unendo il procedere del dibattito interno ai gerarchi e poi della discussione a Palazzo Venezia alla cronaca dei giorni e delle emozioni, sottolineando come la stragrande maggioranza dei protagonisti abbia più volte dipinto quei momenti e lo abbia fatto di volta in volta secondo punti di vista diversi o con parole differenti. Per Gentile si è inscenato a partire da quel 25 luglio quanto accade anche in “Rashomon”, il capolavoro del regista giapponese Kurosawa, ovvero il ruotare attorno a un fatto certo di più testimonianze contraddittorie: le versioni dei gerarchi – e dello stesso Mussolini – risultano rielaborate più volte, tenendo conto del mutare delle situazioni e dell’allontanarsi nel tempo da quella notte.
Le dinamiche che hanno dominato il Gran Consiglio – l’attivismo anche lucido dei Grandi, dei Bottai, dei Ciano, dei Federzoni, il doppio gioco di Scorza, segretario del PNF, il bullismo di Farinacci, il disorientamento e la paura dei gerarchi minori, la stessa eutanasia politica di un Mussolini ormai consapevole della disfatta, dell’impopolarità, della deriva tedesca -, ma anche il colpo di stato mascherato preparato dal re, sono stati reinterpretati come e quando si è potuto, nella memorialistica successiva con versioni almeno in parte di convenienza. E non è piccolo merito, quello di Gentile, l’aver cercato di dipanare la matassa per ritrovare la verità storica di un evento tra i più decisivi del Novecento italiano.
Francesco De Palma
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