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“Riuscirà papa Francesco?”. E’ la domanda al centro del nuovo volume curato da Andrea Riccardi …

“Il cristianesimo al tempo di papa Francesco”, curato da Riccardi per Laterza (376 pp., 22 euro) è un volume collettaneo, frutto di un convegno di cui si era dato conto anche su questo blog. I saggi che lo compongono, di storici della Chiesa e osservatori della contemporaneità, fanno il punto su un pontificato che sta cambiando il cattolicesimo, ma soprattutto si interrogano – con un occhio “poliedrico” che piacerebbe all’inquilino di Santa Marta – se gli anni di Bergoglio saranno solo una parentesi utopica oppure un tempo capace di mettere radici ed incidere sul lungo periodo. Se, per dirla con Giovagnoli, il futuro sarà non della “Chiesa-palazzo”, bensì di una “Chiesa-tenda” piantata nelle periferie delle grandi megalopoli contemporanee. 

“Certo è che non sarà facile ritornare al passato” (Riccardi). Il papa “venuto dalla fine del mondo” sta facendo incamminare una realtà millenaria e plurale su strade nuove. Magari qualcuno dei processi messisi in moto dal 2013 in avanti finiranno per fallire, e chi li avrà gestiti o applicati potrà ritrovarsi in un vicolo cieco. Ma essersi mossi alla scoperta dei tanti angoli nascosti e disprezzati di questo mondo, all’incontro dei milioni di periferici e di “scartati” che cercano una nuova speranza, non potrà comunque restare senza conseguenze.
I contributi sono tutti di notevole spessore. Colpiscono per la scelta di seguire nuove piste di ricerca, di tentare un’analisi di quel che sarà. Si sceglie qui, seguendo rigorosamente l’ordine del volume, di segnalarne soltanto alcuni, ma l’invito è a non perdersi gli altri.
Andrea Riccardi (“La Chiesa tra centri e periferie”) sottolinea come l’idea di Chiesa che ha in mente Bergoglio non è quella di una “minoranza”; la chiesa di Francesco è “profetica”. Si tratta di “essere lievito”, di “fare chiasso”, varcando i confini (“L’idea di limes non gli appartiene”), rivolgendosi a un popolo, per “fare popolo”. Il sogno, allora, è che anche gli altri segmenti ecclesiali “riprendano a profetizzare”: la palla passa ai vari soggetti che compongono l’ecumene cristiana. 
Massimo Franco (“Il caso nordamericano”) è molto convincente quando descrive Trump come “un antipapa oggettivo”, il “predicatore di un Occidente e un cristianesimo che è agli antipodi rispetto a quelli della Chiesa cattolica”. E’ un problema reale, non solo americano, guardando alla consistenza di un sentimento popolare non certo vicino agli appelli di Francesco all’accoglienza degli esclusi e dei migranti.
Elisa Giunipero (“Il laboratorio cinese”) si sofferma sull’altro grande polo della politica internazionale, la Cina. E chissà che non sia da oriente che arrivino delle sorprese per il futuro: “Nella visione ‘poliedrica’ del mondo di papa Francesco, la Cina non è una periferia lontana su cui estendere gradualmente l’influenza del cristianesimo, ma un luogo che può irradiare cultura e contribuire alla pace”. 
Massimo Faggioli (“I laici nella Chiesa di Francesco”) propone una riflessione davvero interessante sui cambiamenti che ha conosciuto l’impegno del laicato organizzato in questi decenni. Allo stesso tempo va detto che Bergoglio non sembra appassionarsi alle categorizzazioni intraecclesiali: “In papa Francesco la forza dell’ecclesiologia del popolo attrae ben al di là della singola distinzione tra laicato e clero”; e: “L’enfasi sulla misericordia e sui poveri riconfigura le relazioni tra la Chiesa e le sue componenti”. Quel che è certo, ad ogni modo, è che “il laicato è la parte di Chiesa più interpellata dal cambio di rotta” operato dal pontefice. 
Armand Puig i Tàrrech (“La Chiesa e i poveri”) prova a comprendere meglio l’opzione per i poveri di cui il papa è divenuto l’annunciatore. Ne segue le linee di sviluppo: “‘La Chiesa dei poveri’, auspicata da papa Giovanni, diventa, con papa Francesco, ‘la Chiesa povera e per i poveri’; e ne sottolinea il valore fondante per Bergoglio: “Francesco è un defensor pauperum e ha mostrato un suo impegno personale per i rifugiati, per i senza tetto, per i bambini maltrattati e sfruttati, per i malati, per i giovani disoccupati, per le donne in schiavitù”. Detto questo, è difficile non concordare con il teologo catalano: “La ricezione del pontificato di Francesco dipenderà dalla ricezione della dottrina evangelica sui poveri”. 
L’interrogativo se il papa riuscirà nel suo intento, se il “suo” cristianesimo sarà quello di domani, resta in sospeso. Riccardi si chiede: “Riuscirà papa Francesco? Questa è la grande domanda. Per rispondervi, non bisogna guardare solo a lui, ma ai diversi segmenti della Chiesa del XXI secolo. Infatti, il rischio vero è che l’osservazione si fermi sul papa e si dimentichino le miriadi di attori del cattolicesimo globale, che lui stesso ha provveduto a liberare e animare”. In un processo non tutto è legato a chi lo mette in moto; molto dipenderà dalle scelte concrete dei pastori, dei fedeli, dei mille soggetti ecclesiali del nostro tempo planetario. 

Francesco De Palma
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