Un nuovo muro di carta e d’incenso …
Nell’agosto 1959 d. Lorenzo Milani invia da Barbiana a Nicola Pistelli, direttore di “Politica”, rivista della sinistra cattolica fiorentina, una lettera che prende spunto da certe dichiarazioni – benevole nei confronti di Franco, allora dittatore in Spagna – del cardinale di Palermo, mons. Ruffini. La lettera non sarebbe mai stata pubblicata da “Politica”, però; né sarebbe mai stata data in stampa finché il suo autore rimase in vita.
Oggi la conosciamo bene, è nota anche con il titolo “Un muro di carta [o di foglio] e d’incenso”. Al di là del tema d’occasione, ormai “vintage”, è bello rileggerla oggi, a 60 anni da quando fu scritta: si potrà riassaporare il periodare appassionato del priore; e sarà utile riflettere su come in tanti, oggi, assomiglino a quei prelati lontani dalle notizie, chiusi nelle loro “bolle”, che lui descrive. In tanti, ecclesiastici e no, credenti e no, ci facciano ancora annebbiare le idee da un’informazione fatta di brevi frasi gridate, ovvero dal fumo dei social.
Non ci crediamo? Proviamo a sostituire alla parola ‘vescovi’ una qualsiasi altra categoria che ci comprenda, ‘cittadini’, ‘lettori’, ‘elettori’, ‘docenti’, etc.. Scopriremo che farebbe bene a tutti uscire dalle nostre stanze chiuse e dai nostri computer per guardare da vicino, per toccare con mano, la realtà concreta dei rifugiati che stanno bene in carne, dei migranti che ci invadono e non se ne può più, degli anziani che sono troppi, dei senzatetto che chiedono l’elemosina e mi danno fastidio, dei meridionali che non gli va di lavorare, delle mille altre situazioni su cui è facile sentenziare da lontano.
Mentre se ci avviciniamo – ha ragione d. Milani – “allora le conclusioni di biblioteca si vorrebbe tornassero in altro modo, allora si ritorna sui testi con un altro desiderio in cuore e nel giro di un’ora il meccanismo dei sillogismi ha bell’e sfornato la soluzione giusta”.
Francesco De Palma
Francesco De Palma
Barbiana, 8 agosto 1959
Caro Nicola, […] la Dottrina dice che il Papa è infallibile. Eretico è chi lo nega ed eretico è chi estende ad altri questo attributo. […] Criticheremo i nostri vescovi perché vogliamo loro bene. Vogliamo il loro bene, cioè che diventino migliori, più informati, più seri, più umili. Nessun vescovo può vantarsi di non aver nulla da imparare. Ne ha bisogno come tutti noi. […] Non è forse come un bambino un cardinale che ci propone a esempio edificante un regime come quello spagnolo? […] Ne riparli quando avrà studiato meglio la storia, visto più cose, meditato più a fondo. […] Dopo la critica la miglior forma di educazione che possiamo dar loro è di informarli. […] Quando si sente il cardinal Ruffini lodare il regime spagnolo, verrebbe voglia di dirgli che un dittatore sanguinario o un governante incapace fa più male alla Chiesa quando la protegge che quando la combatte. Ma invece non ci deve essere bisogno di dire queste cose al cardinale. I principi li sa, il Vangelo lo conosce. Non è di idee giuste che occorre rifornirlo. Le avrebbe inventate da sé senza che nessuno gliele avesse suggerite se solo avesse visto certi fatti. Oppure se li avesse saputi con tanta precisione e insistenza da esser come se li avesse visti. Di fronte al bisogno ogni uomo diventa inventore come Robinson nell’isola. E il bisogno di una soluzione ideologica soddisfacente lo crea il cuore quando ha visto la sofferenza. […] Nell’austero silenzio della biblioteca di un convento domenicano dove non entra né pianto di spose né allegria di bambini, si può ben disquisire sulla liceità della pena di morte, sui diritti del principe e sulla preminenza del bene comune. Ma nel cortile di un carcere spagnolo quando il forte, il vincitore uccide il debole, il vinto, quando solo a guardarla in viso la vittima si rivela non un comune delinquente ma creatura alta che ha preposto il bene del suo prossimo al proprio tornaconto. Oppure fuori dei cancelli dove l’urlio di madri, spose, figlioli trasforma anche il comune delinquente in figlio, marito, babbo, in qualche cosa cioè che vorremmo far vivere e non morire, allora le conclusioni di biblioteca si vorrebbe tornassero in altro modo, allora si ritorna sui testi con un altro desiderio in cuore e nel giro di un’ora il meccanismo dei sillogismi ha bell’e sfornato la soluzione giusta. Questo saprebbe fare anzi correrebbe a fare anche il cardinal Ruffini, ne son sicuro. […] Ecco cosa puo’ fare la stampa con il solo scegliere le cose da raccontare oppure col solo modo di raccontarle. […] Un prigioniero bisogna aiutarlo e liberarlo, e tanto più quando è prigioniero il nostro padre. Se non gli sbraneremo il muro di carta e non gli dissolveremo il muro di incenso Dio non ne chiederà conto a lui ma a noi. Ci toccherà rispondergli di sequestro di persona. Dopo tutto quel che abbiamo patito in questo mondo ci ritroveremo nell’altro becchi e bastonati.
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