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Nuovo rapporto della Fondazione Moressa sugli stranieri in Italia

La Fondazione Leone Moressa è un istituto di studi e ricerche nato nel 2002 da un’iniziativa della Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre (CGIA), con il precipuo scopo di studiare il fenomeno e le problematiche relative alla presenza degli stranieri nei vari settori dell’economia e della produzione, ma non solo.

In particolare, la Fondazione rileva il valore e l’impatto economico dell’impiego di manodopera straniera in Italia, raccoglie ed elabora dati e notizie sul fenomeno migratorio e sui rapporti multietnici: uno dei fini è l’elaborazione di percorsi di integrazione con attività culturali.

Il Rapporto 2020 è stato presentato a Roma il 14 ottobre scorso e ha riferito una serie di dati interessanti, anche per i non addetti ai lavori.

I residenti stranieri in Italia sono in aumento, anche se negli ultimi 7 anni, la curva della crescita dei nuovi arrivati è diminuita. I permessi di soggiorno richiesti ed accettati sono sensibilmente ridotti e sono cambiate le motivazioni: dai 590 mila permessi del 2010, si è scesi a 176mila permessi nel 2019. In passato, la prima motivazione per la richiesta di permessi di soggiorno era di lavoro, ora la maggioranza richiede il permesso per ricongiungimenti familiari o per motivi umanitari.

Ad oggi, gli stranieri residenti in Italia sono 5,3 milioni, metà dei quali provenienti da paesi dell’Est Europa e la loro età media è di circa 35 anni.

Negli ultimi dieci anni, 1,2 milioni di stranieri hanno ottenuto la cittadinanza italiana, ma con un calo di richieste nell’ultimo triennio. Una eventuale riforma della legge di cittadinanza che adottasse lo “ius soli” riguarderebbe 800mila minori che, nati in Italia da genitori di origine straniera – che frequentano o hanno frequentato le scuole italiane, parlano italiano e vivono da italiani – potrebbero avere così la cittadinanza italiana.

La componente degli immigrati nella popolazione italiana ha rallentato il cosiddetto “inverno demografico”: infatti, il saldo naturale (cioè, il numero dei nati – e dei morti in un determinato periodo) è positivo tra gli stranieri, mentre è negativo tra gli italiani. Anche se, in realtà, pure le donne straniere hanno iniziato a procreare di meno.

Nel 2019 la natalità tra gli italiani si attestava al 6,5 per 1000 abitanti, mentre tra gli stranieri è stata il 12,6; la mortalità per gli italiani è stata dell’11,4 sempre per 1000 abitanti e del 1,4 per gli stranieri; l’età media degli italiani nel campione preso a riferimento è di 46,2 anni e per gli stranieri 34,8.

Dai dati della Fondazione Moressa si evince la riduzione degli ingressi per lavoro di cittadini extraeuropei. La popolazione straniera è aumentata, ma soprattutto grazie ai nuovi nati, agli spostamenti di cittadini comunitari e ai ricongiungimenti familiari. 

 Un altro fenomeno rilevato è quello degli arrivi irregolari, in particolare via mare. Il picco si è registrato tra il 2014 e metà 2017.

Negli ultimi dieci anni gli sbarchi sono stati 700mila, e sono confluiti nel sistema di accoglienza e asilo.

Per via delle numerose nascite, il fenomeno dei “naturalizzati” è cresciuto fino a 1,2 milioni di “nuovi italiani”, molti dei quali però lasciano l’Italia, spesso per il nord Europa o per il Nord America. Così, l’inverno demografico che i giovani stranieri avevano concorso a rallentare, ora ha perso la sua forza e la popolazione italiana ha ripreso a calare.

Il rapporto, inoltre rivela che la maggioranza degli stranieri è occupata in lavori poco qualificati, come badanti, manovali, coltivatori camerieri, cuochi ecc. e i lavoratori stranieri provengono prevalentemente da cinque nazioni: Romania, Albania, Ucraina, Cina e Marocco. In Italia vi sono 723 mila imprenditori nati all’estero, il 9,6% della totalità. Anche qui, sono prevalentemente originari dalla Cina, dalla Romania e dal Marocco. La maggiore presenza è nel settore delle costruzioni (15% circa) e del commercio (13% circa).

Il 60% degli imprenditori “acquisiti” si trova in prevalenza in 5 regioni: Lazio, Toscana, Friuli, Liguria e Lombardia. Tra i comuni, spicca Prato, che ha il 24% degli imprenditori di origine straniera.

Il loro lavoro porta una grande ricchezza al nostro paese: loro portano 147 miliardi di Euro di valore aggiunto, corrispondenti al 9,5 del PIL nazionale. Attualmente, i 5,3 milioni di stranieri presenti in Italia portano nelle tasche dell’erario dello Stato ben 26,6 miliardi di Euro, mentre per l’erario si attestano 26,1 miliardi. Il saldo, quindi, è in attivo di 500 milioni.

Un altro dato molto interessante è nell’impatto economico a lungo termine della presenza in Italia di stranieri: se per le entrate le casse dello stato ricevono un introito di 30,3 milioni di Euro, l’impatto futuro dovuto a tasse locali, Irpef e contributi previdenziali si attesta a ben 365 milioni di euro.

Dai dati forniti si evince che l’immigrazione regolata è una grande risorsa economica per il nostro paese, in difficoltà per il graduale e costante aumento degli anziani a cui si aggiunge l’inverno demografico. I 2,5 milioni di stranieri lavoratori presenti nel nostro paese producono quasi il 10% del Pil nazionale, ma sono relegati in professioni di basso valore, così la concorrenza con i lavoratori italiani quasi non esiste.

Inoltre, la potenzialità della manodopera straniera è frenata dal lavoro nero, dalla poca mobilità sociale e presenza irregolare. Infatti, già solo la Sanatoria del 2020 ha generato un saldo positivo immediato di 30 milioni ed un saldo futuro di 360 milioni annui.

«Sostenere regolarità ed integrazione è un BENEFICIO per lo straniero, ma anche per tutto il nostro Paese».

Con questa considerazione finale si conclude il Rapporto 2020 della Fondazione Leone Moressa: riflessioni importanti che devono far riflettere, nel tempo di grave crisi economica che ci troviamo a vivere, sul sostegno economico e il beneficio fiscale che i lavoratori stranieri apportano al nostro Paese.

Germano Baldazzi

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