CHIESA

La Croce, vista dai più piccoli …

In un’intervista pubblicata il giorno di Pasqua il card. Zuppi diceva: “Non basta mostrarsi disponibili per un momento e poi appena le acque si calmano continuare – incredibilmente! – ad abbozzare società senza futuro. Siamo chiamati a una svolta dirompente: pensare tutto per loro, i ragazzi e bambini di oggi e di domani. Dobbiamo agire così come individui e come istituzioni”.

E’ quel che ha fatto papa Francesco in questa seconda – e ci auguriamo ultima! – Pasqua in lockdown. Bergoglio ha voluto vivere la Via Crucis attraverso gli occhi dei bambini: i loro testi hanno “tradotto” la passione di Gesù, le loro parole hanno guardato in maniera apparentemente ingenua, ma in realtà profonda, al nostro limite, alle nostre storture, al nostro peccato. Sì, perché, alla fin fine, non siamo poi così adulti e maturi. Cadiamo e ricadiamo sugli stessi errori; ci confrontiamo e ci riconfrontiamo con le medesime meschinità; coltiviamo e ricoltiviamo una sola speranza.

Di nuovo in una piazza San Pietro semideserta le meditazioni preparate dai ragazzi della parrocchia dei Martiri d’Uganda, di un gruppo scout di Foligno, delle case famiglia Mater Divini Amoris e Tetto Casal Fattoria, hanno accompagnato il dolore di questo tempo di pandemia e di ogni tempo.

Hanno svelato le nostre paure e le nostre vigliaccherie: “Ogni volta che ci ripenso provo ancora vergogna, sento dolore per quella mia azione. Avrei potuto aiutare questo mio amico, dire la verità e aiutare a fare giustizia, invece mi sono comportato come Pilato e ho preferito far finta di niente. Ho scelto la strada più comoda e me ne sono lavato le mani. Oggi me ne pento tanto: avrei voluto avere un po’ di coraggio, seguire il mio cuore e aiutare il mio amico in difficoltà”.

Hanno illuminato i nostri momenti migliori: “Il giorno di Natale con gli scout siamo andati a Roma, dalle suore Missionarie della Carità, per distribuire il pranzo ai bisognosi. All’andata in treno, pensavo a tutte le cose che mi sarei perso: i cappelletti fatti a mano di nonna Maria, la partita a tombola, i regali scartati davanti al fuoco .… Tornando, pensavo ai volti delle persone che avevo servito, ai loro sorrisi e alle loro storie. Il pensiero di aver portato a quelle persone un momento di serenità aveva reso quel Natale indimenticabile”.

Hanno denunciato il marcio di una società costruita sullo scarto e sull’esclusione: “Durante l’estate giocavo con gli amici del quartiere nel parco davanti casa. Da qualche mese avevamo dei nuovi vicini con un figlio della mia stessa età. Lui però non giocava con noi, non capiva neanche bene la nostra lingua. Un giorno avevo notato che ci stava guardando da lontano, voleva giocare con noi, ma non aveva il coraggio di chiederlo. Mi sono avvicinato, ci siamo presentati e l’ho invitato a fare una partita di calcio insieme a noi. Walid da quel giorno è uno dei miei migliori amici”.

Ci hanno posto accanto alle croci del nostro tempo: “Dall’ambulanza sono scesi uomini che somigliavano ad astronauti, coperti da tute, guanti, mascherine e visiera, hanno portato via il nonno che da qualche giorno faticava a respirare. È stata l’ultima volta che ho visto il nonno, è morto pochi giorni dopo in ospedale, immagino soffrendo anche per la solitudine. Non ho potuto stargli vicino fisicamente, dirgli addio ed essergli di conforto. Ho pregato per lui ogni giorno, così ho potuto accompagnarlo in questo suo ultimo viaggio”.

Ci hanno ricordato il dramma della generazione più giovane: “Nell’ultimo anno con la famiglia non abbiamo più fatto visita ai nonni; i miei genitori dicono che è pericoloso, potremmo farli ammalare di Covid. Mi mancano! Così come mi mancano le amiche della pallavolo e gli scout. Spesso mi sento sola. Anche la scuola è chiusa, prima a volte ci andavo mal volentieri, ma ora vorrei solo tornare in classe per rivedere i compagni e le maestre. La tristezza della solitudine a volte diventa insopportabile, ci sentiamo ‘abbandonati’ da tutti, incapaci di sorridere ancora”.

Al mondo dei più piccoli si è voluto rivolgere ancora il papa nella benedizione “urbi et orbi”: “Gesù risorto è speranza pure per tanti giovani che sono stati costretti a trascorrere lunghi periodi senza frequentare la scuola o l’università e condividere il tempo con gli amici. Tutti abbiamo bisogno di vivere relazioni umane reali e non solamente virtuali, specialmente nell’età in cui si forma il carattere e la personalità. Lo abbiamo sentito venerdì scorso nella Via Crucis dei bambini …”.

Francesco de Palma

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