FATTI

L’importanza di chiamarsi Daniel Blake. Storia di un working class hero.

“Il mio nome è Daniel Blake. Sono un essere umano, un cittadino. Tutto quello che chiedo è di essere trattato con dignità. Niente di più, niente di meno”.
Io, Daniel Blake”, di Ken Loach, appena uscito nelle sale, è uno di quei film difficili da dimenticare. 
L’ottantenne regista inglese è uno degli esempi più illustri di coloro che sanno coniugare in una sintesi di straordinaria efficacia, arte, passione politica e impegno civile.
Questo film lo dimostra pienamente.
Il protagonista, Daniel Blake, è una denuncia vivente circa gli effetti perversi delle politiche economiche neo-liberiste che si stanno affermando nel mondo di oggi, in un tempo in cui il “welfare” è sempre più in crisi perché considerato un lusso che i nostri stati non possono più permettersi. Da questa semplice considerazione nasce la tendenza ossessiva a “razionalizzare” (che tradotto dal linguaggio burocratico spesso significa “tagliare”) tutti i costi dell’assistenza statale, con la motivazione di evitare sprechi inutili.
Il risultato finale è la mastodontica “burocratizzazione” dei servizi alla persona e delle procedure per attivarli, arrivando in molti casi all’impossibilità pratica di usufruirne da parte delle categorie più deboli e sprovvedute. Questa vera e propria  tendenza a penalizzare chi si trova in una condizione di svantaggio, crea una sorta di colpevolizzazione, che si manifesta attraverso procedure vessatorie e punitive verso coloro che sono costretti a sottoporvisi perchè in stato di necessità.
Il film di Ken Loach mostra questo in tutta la sua drammaticità: ben descrive infatti un sistema burocratico freddo e ottuso, che umilia e mortifica la dignità delle persone, finendo, di fatto, per negare loro i diritti più elementari.
In un suo interessante articolo  la giornalista Vania Amitrano scrive: “In Io, Daniel Blake Ken Loach riesce a spiegare la complessità e
la profonda ingiustizia del sistema del sistema del welfare inglese
attraverso la storia di un uomo comune, un cittadino come tanti. Daniel è
un operaio semplice, serio e onesto che dopo aver avuto un attacco di
cuore si trova bloccato in un paradosso burocratico: secondo il suo
medico non può lavorare per motivi di salute, ma per ricevere il
sussidio di disoccupazione, poiché secondo lo Stato invece sarebbe
idoneo al lavoro, deve dimostrare di essersi impegnato a cercare un
lavoro che non potrà mai accettare davvero.”.
Questo lavoro di Ken Loach appare anche come una “scelta di campo”, una grande dichiarazione di amore e di interesse verso tutti coloro che, come Daniel Blake, a motivo di un evento imprevisto (come una malattia improvvisa e la conseguente impossibilità a lavorare), sono caduti in un baratro senza fine. 
Daniel Blake però non vuole piegare la testa, non rinuncia a lottare, pretende che la sua dignità sia rispettata, resta integro e alla fine diventa un esempio per gli altri. E’ un eroe, un working class hero , citando una famosa canzone di John Lennon, una denuncia e un messaggio di speranza per i tanti che vivono sulla propria pelle le vessazioni di un sistema senza più un’anima, governato solamente dalle spietate leggi del mercato. Una società che non mette più al centro le persone ma il denaro e il profitto, finendo per considerare come qualcosa da “scartare” tutti coloro che non sono più produttivi e competitivi.
E’ quella “cultura dello scarto” che Papa Francesco ha più volte denunciato e che è possibile vedere nelle vicende che si incrociano nel film.
L’unica speranza, sembra dire Ken Loach, è nella solidarietà, unica forza eversiva capace di scardinare le fondamenta di questo sistema. Ciò si vede in varie scene del film ma soprattutto c’è un momento in cui il moloch della burocrazia senza anima mostra tutto il suo terrore verso i sentimenti di pietà e di comprensione: è la scena in cui un’impiegata dell’ufficio statale per i sussidi, impietosita dalle difficoltà di Daniel Blake a compilare un modulo on-line, si offre di aiutarlo; vista dalla sua dirigente viene subito richiamata e le viene intimato di smettere perchè ciò “avrebbe creato un precedente pericoloso”.  Si, questo sistema monolitico e impenetrabile della burocrazia neo-liberista mostra il suo “tallone di Achille” quando qualcuno si ricorda di avere un cuore di carne.
I sentimenti di pietà e di solidarietà sembrano essere le vere armi per distruggerlo nelle sue fondamenta.
Restare umani sarà la vera sfida per il futuro.

Francesco Casarelli

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