FATTI

I Martiri Albanesi: una storia europea.

Il 5 novembre 2016, alle ore 10.00, alla Cattedrale di Scutari, si svolgerà la cerimonia per la beatificazione dei 38 martiri albanesi. Furono vittime della violenta persecuzione operata dal regime nazional-comunista di Enver Hoxha nei confronti di tutte le religioni, in particolare di quella cattolica.
La storia del regime comunista in Albania, durato quasi 50 anni, ha una sua originalità: iniziò nel dopoguerra con l’adesione entusiastica allo stalinismo sovietico; negli anni ’60 si spostò verso il maoismo cinese e, negli ultimi anni, finì in un tragico isolazionismo che trasformò il paese in una grande prigione senza alcun contatto con l’esterno.
La rottura di ogni rapporto con il mondo circostante, portò l’Albania in un baratro di povertà materiale e morale profondissimo, le cui conseguenze perdurarono per molti anni.
La persecuzione verso le religioni dell’Albania (Ortodossi, Cattolici e Mussulmani) fu una costante del cinquantennio “Enveriano”. I cattolici, in particolare, entrarono fin da subito nel mirino del regime: furono accusati di essere “elementi sovversivi” al soldo del Vaticano e delle potenze imperialiste, per questo, “nemici del popolo”.
In realtà i cattolici ebbero un ruolo fondamentale nella costruzione della coscienza nazionale albanese. Concentrati nel Nord del Paese, legati alle loro antichissime tradizioni montanare, sono da sempre sostenitori convinti di quell’albanesità che fa risalire le proprie origini alle antiche popolazioni Illire. Intellettuali e poeti, come il frate francescano Giergij Fishta, sono parte determinante dell’identità del Paese delle Aquile.
Negli anni del dopoguerra, quando le diverse fazioni politiche che fecero la resistenza al nazi-fascismo iniziarono a lottare tra loro per prendere il potere, un certo numero di cattolici aderì alle forze nazionaliste in chiave anticomunista. Ciò fu il pretesto per Enver Hoxha, capo dei comunisti albanesi, una volta salito al potere ed instaurata la sua dittatura, per l’attuazione di quel progetto persecutorio che iniziò con i cattolici estendendosi poi anche agli ortodossi e ai mussulmani, portando l’Albania a definirsi, scrivendolo financo sulla sua costituzione, il primo “stato ateo” del mondo.
Nacque il mito “dell’uomo nuovo” albanese, fiero, orgoglioso, servitore della patria, libero dalle incrostazioni del passato (come le superstizioni della religione, considerata un elemento di divisione) e tutto proiettato verso un radioso futuro.
Sono tantissimi gli episodi concreti di questa persecuzione religiosa. Ne citerò alcuni avvenuti nella città di Scutari.
Il primo sacerdote fucilato fu, nell’anno 1945, don Lazer Shantoja. Prima dell’esecuzione fu sottoposto a terribili torture durante le quali gli furono spezzati piedi e mani.
Sempre nel 1945, la polizia scoprì l’organizzazione nazionalista «Bashkimi Shqiptar» composta da cattolici e musulmani, fondata nel Seminario Pontificio Albanese. Alcuni seminaristi, all’insaputa dei superiori, stamparono alcuni scritti. Il fatto causò l’arresto e la fucilazione del prete italiano Padre Giovanni Fausti e di Padre Daniel Dajani. Ai due venne unito anche il frate francescano Gjon Shllaku, accusato ingiustamente di avere fondato il partito Democristiano.
Il 4 marzo 1946 venne fucilato il seminarista Mark Çuni, sempre con l’accusa di aver fondato il partito Democristiano. Le ultime parole pronunciate dal ragazzo: “Viva Cristo Re… Perdono i miei nemici”.
In suo articolo Mons. Zef Simoni scrive: “Molti altri sacerdoti e religiosi furono arrestati, torturati, condannati e imprigionati. Padre Serafin Koda O.F.M. spirò con la trachea strappata. Papas Pandit, prete cattolico di rito bizantino di Korça, fu decapitato e la testa fu lasciata in mostra sul petto, e Papas Josif, anche lui prete di rito orientale di Elbasan, fu sepolto vivo nel campo di lavoro della palude di Maliq. A dom Mark Gjini, torturandolo, fu chiesto di rinnegare Cristo. Al contrario le sue ultime parole in mezzo alle sofferenze furono: «Viva Cristo Re!». Morì legato in modo da soffocare e il suo corpo fu gettato ai cani; i resti poi furono buttati nel fiume. “.
La persecuzione religiosa arrivò al suo culmine nel 1967. Enver Hoxha in quel periodo folgorato dall’esempio della Cina Maoista, importò la “Rivoluzione Culturale”, facendo chiudere tutti gli edifici religiosi dell’Albania, sia chiese, sia moschee, trasformandoli in cinema o palestre. I pochi preti rimasti o furono uccisi o deportati nei gulag da dove uscirono dopo molti anni, come il sacerdote quasi novantenne Ernest Simoni, recentemente nominato cardinale da Papa Francesco, che ha praticamente trascorso 35 anni della sua vita o in carcere, o ai lavori forzati.
La sua colpa? Aver celebrato una messa considerata “illegale”.
Fino alla fine degli anni ’80 in Albania non si sentirà più parlare di religione.
La beatificazione dei martiri albanesi sarà l’occasione per gettare una luce su un periodo buio della storia di questo angolo d’Europa, a memoria delle generazioni future.
Francesco Casarelli


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