La verità del falso. Opinioni, realtà e falsità in tempo di campagna elettorale
«Le falsificazioni – ha affermato il critico d’arte Max Julius Friedländer – vanno servite calde, così come escono dal forno». Un modo per dire che il successo di un falso dipende non tanto dalla sua verosimiglianza, quanto piuttosto dalla sua rispondenza a credenze diffuse e a pregiudizi di vario tipo. Un’analisi che non vale solo nel campo dell’arte, ma che calza a pennello anche nel campo sociologico e della retorica politica, soprattutto nel clima da “campagna elettorale”.
Cosa è vero e cosa è falso ? Scriveva Oscar Wilde che “la falsità è la verità degli altri”, ma le citazioni su questo tema sono innumerevoli (e si possono trovare facilmente su wikiquote), avendo stimolato la fantasia degli scrittori, ma prendo spunto da una canzone di un pò di anni fa che affermava: “il falso è un’illusione che ci piace”. Un verso interessante che si ricollega a quanto affermato all’inizio nel campo dell’arte. Il falso come illusione che piace. Il falso piace se permette di guardare in modo semplice la complessità delle situazioni senza chiederci una lettura approfondita, con una chiave di lettura immediata, senza dubbi oltre che illusoriamente rapida, dei problemi in realtà complessi che ci circondano. In altre parole non c’è bisogno di fare la fatica di approfondire un problema se si può guardare ad esso in modo rapido e pensare di averlo colto facilmente nella sua complessità. Del resto tanto sui giornali quanto sulle notizie su internet come questa stessa, la stragrande maggioranza si limita a leggere il titolo. Più facile quindi accettare il falso come vero, senza neanche la curiosità di approfondire e magari concludere pure che quell’opinione ci piace, seppure magari, come per un’opera d’arte, è invece solo una “crosta”.
Marco Peroni
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