UOMINI

La battaglia di Ken Saro-Wiwa

Kenule Beeson Saro-Wiwa, detto Ken, fu un importante uomo di cultura nigeriano: scrittore, poeta, attivista e produttore televisivo. Accanto alla sua professione, fu uno degli intellettuali più significativi ed impegnati negli anni in cui l’Africa usciva dal colonialismo.
Nacque nel più popoloso paese dell’Africa, la Nigeria, un paese colpito nel Novecento da storie di violenze ed instabilità. Lui apparteneva al popolo “Ogoni”, uno tra le centinaia di gruppi che compongono la popolazione della Nigeria.
Questo paese entra nelle cronache della metà degli anni Novanta per le vicende legate alla Shell, la compagnia petrolifera anglo-olandese che estrae l’“Oro nero” in grandi quantità. Infatti, ancora oggi, la Nigeria è l’ottavo esportatore mondiale di greggio e l’economia del paese dipende in grandissima parte dall’andamento del mercato petrolifero.
Ken Saro-Wiwa nacque a Bori, il 10 ottobre 1941, cittadina della Nigeria meridionale. Si mette immediatamente in luce come un bravo studente, promettente, tanto da meritarsi di continuare gli studi in un celebre college britannico, che ha una sede in Nigeria. 

Frequenta gli studi con grande profitto in tutte le materie, in particolare si appassiona alla letteratura inglese, che studierà anche all’università. Saro-Wiwa è uno studente modello, inizia a fare teatro, scrive per il cinema, fa il narratore. Prova gli esperimenti linguistici cari a James Joice.
Il suo primo Romanzo “Sozaboy”, pubblicato in anni successivi, è l’espressione dei suoi studi universitari.
Intraprende la carriera universitaria come docente, ma la situazione politica lo preoccupa assai più della professione, della carriera.
La Nigeria, ottenuta l’indipendenza nel 1960, è divisa in tre parti, fino al 1966, quando, a seguito di due consecutivi colpi di stato, la Nigeria termina sotto il controllo di un regime militare in tutte le sue regioni. Le tre regioni preesistenti vengono scomposte dai militari in dodici federazioni. La popolazione è molto composita, i gruppi maggioritari sono gli Hausa-Fulani, Yoruba e Igbo (detti comunemente Ibo), mescolati nelle diverse federazioni.
Gli Ogoni, invece – a cui cui Ken Saro-Wiwa appartiene e di cui divenne leader affermato – sono un gruppo che ha origine nella regione del Delta del Niger, nello Stato nigeriano del Rivers. Si compone di tre clan, divisi tra loro in sei tribù, sparsi in più di 100 villaggi.
Dal 1958, gli abitanti della regione di origine di Saro-Wiwa era preoccupati e cercavano un modo per protestare, per via delle continue trivellazioni compiute sul territorio, minando così l’equilibrio dell’ecosistema. Infatti, il fiume Niger, ben presto fu completamente inquinato dal petrolio, causando danni irreparabili alla fauna ittica. Inoltre, la fuliggine scaturita dagli idrocarburi bruciati nell’aria, ha distrutto la fertilità della regione, rendendo sterili sia la terra, che le acque.
Le diverse proteste e manifestazioni operate dagli abitanti e dai politici locali, sono state sempre represse nel sangue dal governo dei militari.
Ken Saro-Wiwa aveva un modo di protestare vicino ai metodi del M. Gandhi: infatti anche lui aveva l’idea che la protesta andasse esercitata senza l’uso della violenza. Nonostante la sua profonda avversione alla violenza, dopo una serie di scontri tra le diverse fazioni, in cui ci furono vittime, Ken Saro-Wiwa venne accusato di un crimine orribile che non aveva commesso: aver ordinato l’uccisione di quattro persone. Finito nelle mani di un sistema i cui governanti controllavano una fitta rete d corruzione nella gestione dei giacimenti petroliferi, a seguito di un processo-farsa, l’accusa sostenuta sulla testimonianza di alcune persone pagate all’uopo per accusarlo, Saro-Wiwa venne condannato a morte per impiccagione. La sua esecuzione avvenne, dopo giorni di malversazioni e torture, il 10 novembre 1995.
La morte di Ken ha significato per la Nigeria la fine della lotta pacifica. Il sogno e l’ideale per cui lo scrittore ha dato la vita era molto concreto: chiedeva che le grandi compagnie petrolifere, la Shell in primis, dividessero al 50% i ricavi con chi viveva sulle terre dei giacimenti petroliferi. Insomma, chiedeva che i proprietari naturali del suolo dove erano presenti quelle così preziose risorse, potessero vivere meglio anche loro grazie allo sfruttamento di quelle risorse. 
Dopo la sua morte, i suoi collaboratori fecero causa alla Shell, accusandola di crimini contro l’umanità e di complicità in torture, sparatorie, detenzioni illegali e altri abusi in complicità con il regime dell’epoca. Dopo 14 anni dall’esecuzione, nel giugno 2009 vinsero la causa, con il pagamento di 15,5 milioni di dollari da parte della Shell, la quale continua a negare ogni addebito.

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Prima che venisse eseguita la condanna a morte, Ken Saro-Wiwa pronunciò le seguenti parole, una sorta di testamento:
“Signor Presidente, tutti noi siamo di fronte alla Storia. Io sono un uomo di pace, di idee. Provo sgomento per la vergognosa povertà del mio popolo che vive su una terra molto generosa di risorse; provo rabbia per la devastazione di questa terra; provo fretta di ottenere che il mio popolo riconquisti il suo diritto alla vita e a una vita decente. Così ho dedicato tutte le mie risorse materiali ed intellettuali a una causa nella quale credo totalmente, sulla quale non posso essere zittito. Non ho dubbi sul fatto che, alla fine, la mia causa vincerà e non importa quanti processi, quante tribolazioni io e coloro che credono con me in questa causa potremo incontrare nel corso del nostro cammino. Né la prigione né la morte potranno impedire la nostra vittoria finale. Non siamo sotto processo solo io e i miei compagni. Qui è sotto processo la Shell. Ma questa compagnia non è oggi sul banco degli imputati. Verrà però certamente quel giorno e le lezioni che emergono da questo processo potranno essere usate come prove contro di essa, perché io vi dico senza alcun dubbio che la guerra che la compagnia ha scatenato contro l’ecosistema della regione del delta sarà prima o poi giudicata e che i crimini di questa guerra saranno debitamente puniti. Così come saranno puniti i crimini compiuti dalla compagnia nella guerra diretta contro il popolo Ogoni”

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Ken Saro-Wiwa in cella scrisse una meravigliosa poesia dal titolo: “La vera prigione”. Essa esprime in modo schietto i sentimenti che l’autore provava durante la prigionia, prima della sua esecuzione.

Non è il tetto che perde
Non sono nemmeno le zanzare che ronzano
Nella umida, misera cella. 
Non è il rumore metallico della chiave
Mentre il secondino ti chiude dentro. 
Non sono le meschine razioni
Insufficienti per uomo o bestia
Neanche il nulla del giorno
Che sprofonda nel vuoto della notte
Non è
Non è
Non è. 
Sono le bugie che ti hanno martellato
Le orecchie per un’intera generazione
E’ il poliziotto che corre all’impazzata in un raptus omicida
Mentre esegue a sangue freddo ordini sanguinari
In cambio di un misero pasto al giorno. 
Il magistrato che scrive sul suo libro
La punizione, lei lo sa, è ingiusta
La decrepitezza morale
L’inettitudine mentale
Che concede alla dittatura una falsa legittimazione
La vigliaccheria travestita da obbedienza
In agguato nelle nostre anime denigrate
È la paura di calzoni inumiditi
Non osiamo eliminare la nostra urina
E’ questo
E’ questo
E’ questo
Amico mio, è questo che trasforma il nostro mondo libero
In una cupa prigione.

Germano Baldazzi

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