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Un maestro da 700 anni …

Si sono aperte, e continueranno per tutto l’anno che verrà, le celebrazioni per il 700° anniversario della morte di Dante Alighieri (1265?-1321).

Il Presidente della Repubblica ha voluto in un certo senso inaugurare questo anno dantesco, intervenendo al Quirinale il 3 ottobre con un discorso non di circostanza, in cui si sono potute cogliere la sincera ammirazione di Mattarella per l’opera del “ghibellin fuggiasco” e la rilettura del suo esempio a tanti secoli di distanza.

Perché, sottolineava il Presidente, “celebrare Dante a 700 anni dalla morte significa […] continuare a interrogarsi a fondo sull’impegnativo ed esigente patrimonio consegnatoci da questo straordinario intellettuale”, nella cui vicenda “vita e letteratura, ideale e reale, parola e pensiero, si incrociano e si fondono in una sintesi di eccezionale grandezza”.

“Dante è figlio del suo tempo, il Medioevo. Forse ne è il figlio migliore”. Ma, se è “colui che riassume e porta a compimento il suo secolo”, “nel contempo lo supera e lo trascende, in una dimensione decisamente universale”.

E lo fa ponendosi come maestro.

Il poeta è “l’uomo che ha portato a compimento il passaggio tra latino e volgare, riconoscendo al parlare del popolo, alla lingua ‘naturale’, dignità letteraria e superiorità comunicativa”. Ha operato perché la conoscenza del suo tempo non rimanesse confinata nella torre d’avorio del latino. Tanto da lavorare a un’opera – minore si dice, ma quanto ambiziosa! -, il “Convivio”, un grande progetto enciclopedico, perché la cultura del tempo fosse patrimonio comune, vivanda servita a tutti: “Vegna qua qualunque è […] nella umana fame rimaso, e ad una mensa colli altri simili impediti s’assetti; […] e quelli e questi prendano la mia vivanda”.

“Dante è”, continua Mattarella, “l’esule fiero e dolente, il maestro di morale e di coerenza”.

Quest’uomo dalla vita grande e sfortunata sceglie di porsi come un pedagogo davanti a un’italianità ancora in fasce. Ha scritto Davide Ferrario: “E’ difficile pensare [oggi] a intellettuali che si pongano, come nel passato, quali maestri capaci di rappresentare qualcosa di più grande di loro stessi. Questo tipo di figura è stata sostituita nella cultura di massa da quella dell’opinionista, un tecnico del pensiero in grado di esprimere pareri più o meno su tutto, ma privo dell’autorevolezza morale associata al termine ‘maestro’”. Eppure, aggiunge lo scrittore, “un mondo fortemente disorientato” come il nostro avrebbe appunto bisogno “di veri maestri”. Come dargli torto?

“Dante” – è sempre il discorso del Quirinale – non è solo una pietra miliare della letteratura mondiale. Ne è anche una pietra di paragone, che svela e distingue l’oro autentico da quello falso. E, anche, se vogliamo, una pietra di scandalo. Lo scandalo del racconto, senza veli o infingimenti, di un’umanità fragile, in perenne e faticoso cammino alla ricerca di senso e di felicità”.

Un cammino che – è proprio Dante a insegnarlo – si percorre con pazienza e fatica, tra i gironi di un mondo che non è come dovrebbe essere. E non da soli, ma con una guida come Virgilio. E’ così che si coltivano aspettative e sogni, per sé e per gli altri.

“Dante era ben consapevole del valore inestimabile della sua opera, scritta per i posteri e non per compiacere i suoi contemporanei. I capolavori, nella cultura e nell’arte, si misurano con la loro capacità di produrre frutti a distanza e di durare a lungo nel tempo. Lo stesso metro che vale per le imprese storiche”, ha concluso Mattarella, forse pensando al presente, sicuramente richiamando i versi del XVII canto del Paradiso: “Giù per lo mondo sanza fine amaro, / e per lo monte del cui bel cacume / li occhi de la mia donna mi levaro, / e poscia per lo ciel, di lume in lume, / ho io appreso quel che s’io ridico, / a molti fia sapor di forte agrume; / e s’io al vero son timido amico, / temo di perder viver tra coloro / che questo tempo chiameranno antico”. […] Indi [cacciaguida] rispuose: “Coscienza fusca / de la propria o de l’altrui vergogna / pur sentirà la tua parola brusca. / Ma nondimen, rimossa ogne menzogna, / tutta sua vision fa manifesta; / e lascia pur grattar dov’è la rogna”.

In un tempo di fake news e di sentimenti liquidi abbiamo davvero bisogno di un maestro antico, che rimuove la menzogna, è amico della verità, guarda non all’oggi, ma al domani ….

Francesco De Palma

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