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L’ottava arte: quella di includere. Artisti con disabilità ed esclusione …

L’arte contemporanea. Un bel problema. Come interpretarla? Sarà vera arte? Non nego di essere in dubbio talvolta, quando l’opera in questione sembra non trasmettere nulla, se non una vuota provocazione, quando il suo messaggio si riduce a uno squarcio nella tela.
Ma gli artisti di oggi non sono condannati a divorziare da un messaggio. Possono comunicare. Possono dire – parafrasando al contrario Montale – “ciò che siamo”, “ciò che vogliamo”. 
Se non ci credete, e vivere a o passate da Roma, correte questa settimana al Vittoriano – chiuderà infatti il 17 febbraio -, per gustarvi la mostra Inclusion/Exclusion, un’esposizione collettiva di artisti con disabilità legati alla Comunità di Sant’Egidio. 

Il messaggio – la costruzione di spazi inclusivi in una società che esclude fin troppo – è esplicito, anche se alcuni degli autori hanno difficoltà nel comunicare a parole o per iscritto. Mentre le loro opere arrivano al cuore. Sarà che gli artisti stessi hanno vissuto sulla loro il meccanismo dell’esclusione ….
Quadri, installazioni, fotografie, video, testi, etc., sono tutti accomunati da una rivolta contro tale esclusione, sono un potente richiamo alla necessità ed alla bellezza del “vivere con”. Qualcosa che assume quasi la dignità di un “manifesto”, in un tempo in cui, come ha sottolineato Marco Impagliazzo all’inaugurazione, “è più facile dividersi, far crescere le barriere di separazione, in cui è più normale contrapporsi, definirsi contro qualcuno o contro qualcosa”. Ebbene, invece, quest’arte “ci aiuta a fermarci, ci obbliga a riflettere, ci muove incontro all’altro”.
Un esempio della forza di un’arte “diversa”? Eccolo, tratto dall’articolo che Damiano Tavoliere ha scritto il 12 gennaio scorso per il “Manifesto”: “Per capire subito in che mondo viviamo, nel primo grande spazio espositivo un laboratorio ha creato 3.139 barchette di carta bianca (rossa per i bimbi) poste sul pavimento, dal quale si erge un enorme schermo d’acqua dove scorrono i nomi di chi in mare ha trovato la morte cercando la vita: sono gli annegati nel solo 2017 tra coloro che tentavano di raggiungere il presunto Eldorado europeo da Africa e Asia”. 
D’altra parte l’esclusione non fa differenze, e coinvolge anche tanti italiani. Continua Tavoliere: “Stefano e Simone hanno colorato ispirandosi a Andy Warhol la vecchia Filomena orgogliosa dei suoi lunghi capelli, rinchiusa dai parenti in istituto, dove le tranciarono le chiome, negandole l’identità, provocandone la morte in pochi giorni”.
Sono temi che toccano tutti e tutti ci interrogano. Sono grida che salgono dalle periferie dell’esclusione e che chiedono di giungere al centro, lì dove tutti possano farne occasione di riflessione, dibattito, cambiamento vero.
E, in effetti, l’invito alla riflessione e al cambiamento è espicito, accompagnato dalle parole degli artisti stessi: “Nel mio quartiere di Tor Pignattara ho incontrato gli stranieri migranti. Hassan ci ha dato il suo profumato thè speciale e in più biscotti. Poi un giorno loro sono venuti a pranzo da noi: siamo stati davvero bene in compagnia. E loro nella mia stanza si sono levati le scarpe e si sono messi a pregare”, così scrive Anna Maria. E ancora, Roberto: “Sono tanti i poveri che non c’hanno una casa; la gente li vede ma fa come se fossero trasparenti”. Ovvero, per finire, Micaela: “Ma l’Italia s’è desta?”. 
I lavori di Anna Maria, Roberto, Micaela, di tanti altri sono belli, di una bellezza struggente. Che tutti abbiamo bisogno di incontrare. Per aprirci a nuove speranze, a nuove visioni. Per capire che includere è possibile, e che, come in un mosaico o in un quadro contemporaneo, i tanti colori della vita uniscono, illuminano, fanno crescere un arcobaleno di normalità più pacifica e serena.

Francesco De Palma
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