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C’era una volta Andreotti …

il nuovo volume di Massimo Franco si ferma a riflettere sulla storia di uno dei principali esponenti della politica italiana della seconda metà del Novecento. Un uomo che ha vissuto due guerre mondiali, ha visto l’ascesa e la caduta del fascismo, la fine della monarchia e l’instaurazione della repubblica parlamentare, la Guerra Fredda e la caduta del Muro di Berlino, come la caduta della cosiddetta Prima Repubblica, un processo per mafia e uno persino per omicidio, entrambi superati nei 3 gradi di giudizio. 

Per capire cosa è stata l’Italia, occorre analizzare bene la figura di Giulio Andreotti, perché è stata la figura centrale di un purgatorio in cui l’Italia è passata per decenni, sia negli anni dolorosi della ricostruzione, come anche negli anni dei processi per mafia, a cui fu inquisito, processato e prosciolto dai giudici, ma non dalla politica, negli anni in cui cadeva il sistema politico che per decenni aveva guidato e retto il paese…
Nella presentazione del volume svoltasi alla “Società Dante Alighieri”, con la partecipazione del Presidente de “La Dante” Andrea Riccardi, Luca Serianni, di Stefano Folli, di Pippo Baudo, l’autore Massimo Franco ha ripreso il filo della sua riflessione sulla biografia.
Andrea Riccardi, nel suo intervento, sottolinea come «la figura di Andreotti sia molto legata alla nostra storia, ma entri anche nel nostro presente. Oggi la figura di Andreotti la si può leggere con più distacco e con più giustizia», per il distacco cronologico intercorso, a quasi sei anni dalla sua scomparsa.
E aggiunge: «Egli diceva degli uomini che “siamo tutti dei medi peccatori”, l’autore commenta che “Roma era la capitale del Purgatorio e la casta sacerdotale con quasi monopolio della virtù occidentale erano i democristiani, e Andreotti l’uomo del purgatorio per antonomasia”».
«Ma, Andreotti – prosegue Riccardi – è stato un politico laico che ha fatto i conti con la realtà e ha negoziato con tutti con un realismo incredibile, ha fatto sempre i conti con tutti. Nella politica estera ha dato il meglio di sé».
Il Prof. Luca Serianni, docente di linguistica di lungo corso ed esperienza, tutttora vicepresidente de “La Dante”, proseguendo l’analisi sulla figura dello statista, si sofferma su un aspetto, una condotta che lo caratterizzava: «Andreotti ha sempre confermato la sua linea, che mai si distaccava dalla concretezza. Nel 1972, nel corso dell’insediamento della sua prima esperienza da Presidente del Consiglio, pronuncia una frase molto interessante, limpida, a proposito di “ordinaria amministrazione”. Dice, infatti: “L’ordinaria amministrazione è divenuta quasi un’espressione svalutativa, ed è invece il segreto per il funzionamento dello Stato».
Pippo Baudo, che conosceva personalmente lo statista e la sua famiglia, interviene proprio per raccontare la sua vita più personale, familiare: era un padre come tutti gli altri, aveva un rapporto molto bello con la moglie Livia Danese come con i suoi 4 figli. Famiglia molto riservata e controllata ed Andreotti si guardava bene dall’esporla mediaticamente.
Massimo Franco definisce Andreotti come “uomo di governo”. Oggi c’è un recupero della nostra storia passata, da parte di settori della nostra opinione pubblica, anche non si parla direttamente di una “nostalgia per Andreotti”, ma rappresenta il simbolo di una nostalgia per una classe dirigente, di governo e di opposizione, e per un’Italia in cui – con lui –  si sapeva dove stava, si sapeva quali erano le alleanze internazionali, come anche si conosceva quali fossero gli interessi nazionali.
È stato un grande uomo di governo, dotato di una grande ironia, fu in grado di mantenere in equilibrio il sistema, pur senza guardare molto avanti nel tempo. Era il garante di quello che c’era, non si preoccupava perché cambiassero le cose, perché era pessimista verso le novità.
Un testo importante, sicuramente da leggere, che narra la vita e il pensiero di una figura fondamentale per la storia dell’Italia del XX secolo. A cento anni dalla sua nascita, si può iniziare a leggere e a studiare il suo operato, ma solo con un’obiettività ed un distacco che il tempo ci potrà fornire, potremo avere una obiettività tale da giudicare sotto quale luce andrà storicamente ricordato.

Germano Baldazzi

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