UOMINI

La storia di Wanda

Ieri, Giorno della Memoria, si sono lette testimonianze e storie di quei tragici eventi delle deportazioni e dello sterminio operato dai nazisti negli anni della Seconda Guerra Mondiale.

Alla trasmissione radiofonica di Radio 2 “Caterpillar AM”, proprio per sottolineare l’importanza di una tragica storia che ha riguardato anche il nostro paese, i conduttori radiofonici Marco Ardemagni, Filippo Solibello e Claudia De Lillo, hanno intervistato la signora Wanda, 85 anni di Roma.

Lei ricordava che quando aveva solo otto anni, una famiglia ebrea si presentò bussando a casa loro, in cerca di rifugio. Loro erano degli amici di famiglia, Wanda giocava spesso con la loro figlioletta. I suoi genitori, che si chiamavano Peppa e Felice, decisero di far entrare immediatamente questa famiglia, composta da cinque persone.

Wanda era felicissima di avere a casa la sua amica di giochi, naturalmente le fu intimato di tacere della loro presenza, non raccontando ciò a nessuno delle sue amiche, «altrimenti sarebbero tutti finiti male», le disse il padre. Così hanno accolto e nascosto a casa questa famiglia dividendosi gli spazi e mantenendo sempre chiuse le finestre della parte della casa che occupavano, per evitare il sospetto della presenza di altre persone.

Continua il racconto della signora Wanda: «Un giorno, nel nostro palazzo sono venuti i tedeschi: non so se ci fosse stata una spiata, ma si sono presentati alle 2 di notte, però sono riusciti a svegliare solo una famiglia. Non so mio padre cosa sia riuscito a dire: una volta esistevano le “Case del Fascio” e il presidente della Casa del Fascio conosceva il mio papà come una persona perbene, bravissima, onesta, ed è riuscito in qualche modo a convincere i tedeschi ad andarsene».

La signora Wanda racconta che questa esperienza vissuta quando era bambina le ha segnato la vita futura. Per esempio, lei, pur essendo una lettrice vorace, non è mai riuscita a leggere il “Diario di Anna Frank”: «Perché arrivo alla pagina 12 e piango. Non ho potuto leggere nessun libro di Primo Levi; non volevo vedere la “Vita è bella” di Roberto Benigni, ma i miei nipoti hanno insistito che dovessi vederlo perché era bello».

Wanda conclude l’intervista, dicendo che «questi eventi non devono essere dimenticati. Per paura che si ricada in questo “cattivismo”, in questa violenza, e io ho paura, ho paura per i miei nipoti. Allora, tra i miei quaderni ne leggeranno uno che racconta questa storia».

Germano Baldazzi

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