L’impresa di Adriano Olivetti
Sono passati 60 anni dalla morte di Adriano Olivetti, grande imprenditore umanista e progressista, morto il 27 febbraio 1960 a causa di un malore accusato durante un viaggio di affari.
Nato ad Ivrea l’11 aprile 1901, era figlio dell’imprenditore Camillo. Inserito subito nell’azienda del padre, nel 1924 iniziò l’apprendistato nella fabbrica di macchine da scrivere fondata dal padre nel 1908. Il primo modello ad essere realizzato dalla casa di Olivetti venne denominato M1. Ne furono prodotti ben 6.000 esemplari.
Già da giovane, osservando le fabbriche del padre e i suoi lavoratori, Adriano Olivetti comprese come potesse essere alienante passare tante ore a compiere i medesimi gesti, senza interruzioni o pause. Dopo diversi anni, intervistato da un giornalista in merito alla sua storia e al suo impegno, dichiarò: “Mio padre mi mandò a lavorare in fabbrica, nel 1914. Ho faticato molto. Il lavoro a queste macchine non mi attraeva, non fissava la mia attenzione, la mente vagava e si stancava. Avevo difficoltà a capire come si potesse stare per ore alla stessa macchina senza imprigionare lo spirito. Ecco era una tortura per lo spirito, stavo imprigionato per delle ore che non finivano mai, nel nero e nel buio di una vecchia officina. Occorre capire il nero di un lunedì nella vita di un operaio. Altrimenti non si può fare l’imprenditore, non si può dirigere se non si sa che cosa fanno gli altri”.
Dopo alcuni anni, si recò negli Stati Uniti, per visitare le imprese moderne e più aggiornate: fu un viaggio proficuo perché Olivetti ricevette lo spunto e la premessa per una modernizzazione della fabbrica paterna. Apprese un nuovo modo di gestire ed organizzare il personale, ramificò e autonomizzò la direzione nei diversi ambiti e settori che a mano a mano stavano crescendo: dalle macchine da scrivere ai calcolatori, dagli elaboratori agli accessori più minuti. Accanto a ciò, studiò e applicò la razionalizzazione dei tempi di produzione e dei metodi di montaggio. Infine, realizzò una rete commerciale moderna che si sviluppò sia in Italia, che all’estero.
Frutto della modernizzazione dell’azienda paterna è la nascita della prima macchina da scrivere portatile, la rivoluzionaria “Olivetti MP1”. Ma, il vero successo di mercato fu la realizzazione e la diffusione della più moderna “Lettera 22”, macchina moderna che incontrò i favori di tanti giornalisti e scrittori.
Nel 1932 Adriano prese totalmente in mano le sorti dell’azienda fondata dal padre, prima come Direttore Generale, poi come Presidente. Adriano, oltre ad aver realizzato strumenti di alta qualità tecnologica e di eccellenza funzionale, ebbe anche riconoscimenti importanti per lo stile e il design, tanto che, alcuni di questi prodotti furono dei veri e propri oggetti da collezione, quando non di culto. Ma la sua gestione dell’azienda diventò un esempio di gestione illuminata e moderna. Studiò e costruì un ambiente di lavoro confortevole per chi trascorreva intere giornate al servizio dell’azienda. Inoltre reinvestì gran parte degli utili dell’azienda in strutture dedicate ai suoi operai: fornì assistenza medica ai suoi dipendenti, curò con dovuta attenzione il lavoro delle donne, riconoscendo loro un permesso retribuito fino a 9 mesi, nei quali lo stipendio non era decurtato. Inoltre, ai bambini delle operaie che compivano sei anni e mezzo, erano inseriti in asili costruiti appositamente vicino alla fabbrica. Una sorta di servizio sociale per le mamme che trascorrevano tante ore in fabbrica. Olivetti aveva pensato anche alle le mense, agli ambulatori medici. C’era persino una biblioteca, che era un vero e proprio centro culturale che aveva corsi per i giovani e per gli adulti; ospitava mostre e conferenze culturali. Olivetti aveva in mente il progetto di educare i giovani alla cultura e ai suoi valori. Senza cultura non si poteva lavorare al meglio.
Le attività di Olivetti non rimanevano circoscritte alle sue fabbriche: aveva intrapreso anche l’attività di editore, tanto da fondare la casa editrice NEI (Nuove Edizioni Ivrea), progetto trasformatosi poi nelle più celebri Edizioni di Comunità. Erano gli anni del Movimento Comunità, che aveva il suo organo ufficiale proprio nella rivista “Comunità” e che pubblicava i saggi di Adriano Olivetti sotto il titolo di “Città dell’Uomo”.
Si mise al servizio anche della popolazione di Ivrea, quando si presentò alle elezioni comunali con una lista che aveva molto a cura l’impegno sociale e venne anche eletto sindaco nel 1956 con il suo “Movimento Comunità”, partito di orientamento federalista e socialdemocratico. Con il suo Movimento, due anni dopo entrò anche il Parlamento come Deputato.
La sua morte improvvisa, a 59 anni mise fine alla sua esperienza originalissima di fare impresa in modo nuovo: un modello di impresa internazionale attenta alla crescita e all’inserimento dei nuovi saperi scientifici ed umanistici, il tutto nel rispetto di valori etici ed umani, riconoscendo i diritti sociali ai lavoratori.
Germano Baldazzi
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