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Per vivere c’è bisogno di tutti

Il 10 maggio del 1933 Joseph Goebbels, ministro per la propaganda del governo Hitler, organizza un rogo di libri in piazza a Berlino.

L’evento riesce bene, e si replica in decine di città. Il Bucherverbrennungen (Rogo di libri) diventa familiare, i nazisti lo preferiranno alle scampagnate.

Molti erano d’accordo, per altri fu una sorpresa. La repubblica di Weimar era campione di liberalità e di tolleranza, l’arte e la psicologia fiorenti, anche nelle istanze più provocatorie e originali. Purtroppo nell’ideologia nazista la diversità non è tollerata e Hitler, che è al potere da quattro mesi, ha dato carta bianca a Goebbels per preparare la strada all’omologazione della cultura tedesca al nazismo.

L’umanità non era nuova ai roghi di libri. Quando il rogo è involontario, dovuto alla guerra o alla barbarie, il dolore è quello del tempo che passa, come i neuroni che con l’età si spengono e si perde la memoria, dispiace ma è la vita. Goebbels invece vuole distruggere le culture alternative a quella nazista con un tratto definitivo e rapido.

Ma il libro non è solo la carta su cui è scritto, neanche la storia che racconta, perché “non c’è nulla di nuovo sotto il sole”, tutto è già stato detto. Ogni libro però nasce da uno sguardo sul mondo diverso, per questo il rogo selettivo è più inquietante. Solo una visione è quella giusta, le altre vanno distrutte, solo il più forte sopravvive, solo le idee legate alla nuova civiltà sono degne. Fiamme purificatrici, rinascite, genialità in un unico popolo, giustezza di un sola ideologia, sono patologie acute che portano le culture ad ammalarsi e morire. Perché la realtà è un’altra: siamo esseri fragili, prima o poi la mazzata arriva e ci serve la forza e lo sguardo di tutti per sopravvivere.

Luca Giordano

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