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Settimia Spizzichino, il dovere della memoria

Il 3 luglio di 20 anni fa moriva Settimia Spizzichino, unica donna ad essere sopravvissuta tra gli ebrei catturati dai nazifascisti alle prime luci dell’alba del 16 ottobre 1943, nel corso del rastrellamento del Ghetto ebraico di Roma.

Gli ebrei residenti a Roma furono svegliati bruscamente, trascinati fuori dalle proprie case con solo pochi minuti per prendere qualcosa per un misterioso viaggio e condotti al Collegio Militare, in via della Lungara, per essere poi caricati su un treno che li avrebbe deportati al campo di sterminio di Auschwitz.

Tra le persone catturate vi era Settimia. Lei, unica superstite della famiglia, ha resistito per circa due anni alla vita terribile del campo, fatta di freddo, fame, violenza e privazioni. Come era in uso per tutti i prigionieri, anche sul suo braccio venne impresso un marchio indelebile: era divenuta la prigioniera 67210!

Al suo ritorno, Settimia trova una città visibilmente ferita e sanguinante per le distruzoni della guerra. Ma le ferite non erano solo quelle visibili. Sentì subito il dovere di raccontare le mostruosità che aveva visto e vissuto. La testimonianza era un dovere: lo doveva alle sventurate compagne di prigionia che non erano riuscite a sopravvivere.

Andava nelle scuole a parlare con i ragazzi, a raccontare la terribile esperienza del lager. Ha partecipato ai Viaggi della Memoria che ogni anno vengono organizzati perché gli studenti possano visitare i campi di sterminio nazisti, fino a pochi mesi prima dalla sua morte, all’età di 79 anni.

Negli ultimi anni si era infine convinta a scrivere un libro con le memorie di quegli anni, un volume, già molto significativo dal titolo “Gli anni rubati”. “Ci sono cose che tutti vogliono dimenticare. Ma io no. Io della mia vita voglio ricordare tutto, anche quella terribile esperienza che si chiama Auschwitz, due anni in Polonia, due inverni, e in Polonia l’inverno è inverno sul serio, è un assassino, anche se non è stato il freddo la cosa peggiore”, raccontava spesso con forza ai ragazzi che incontrava e che l’ascoltavano in silenzio.

Il Comune di Roma e VIII Municipio hanno pensato di onorare la sua memoria dando il suo nome ad una scuola superiore di I grado e intitolandole il ponte di recente costruzione che facilita il collegamento tra la Via Ostiense e via Cristoforo Colombo.

Una scelta significativa, che collega due mondi, come per simboleggiare quel che Settimia ci ha insegnato. All’essere ponti Settimia ha dedicato la sua vita da sopravvissuta e noi conserviamo di lei un ricordo di gratitudine.

Germano Baldazzi

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