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4 novembre 1918: fine della Grande Guerra

Il 4 novembre 1918 si fermarono tutte le azioni di guerra e fu proclamata la fine della Grande Guerra. Il termine degli scontri e delle operazioni di guerra non impedì, comunque alle truppe italiane di continuare l’avanzata verso quelle terre che gli austroungarici in ritirata, avevano cessato di controllare.

Nel gennaio del 1919, iniziarono i colloqui di pace che giungeranno a ratifica con il Trattato di Versailles, firmato da entrambe le parti, il 28 giugno 1919.

Fu una guerra terribile, sanguinosissima, di logoramento perché combattuta prevalentemente in trincea.

Papa Benedetto XV in diversi occasioni, si appellò ai belligeranti chiedendo la cessazione del conflitto, ma senza risultato, anzi il conflitto si allargava di dimensioni e di contendenti.

Benedetto XV capì che era inutile insistere, e si astenne da ulteriori tentativi diplomatici fino all’autunno del 1916. Deluso dal fallimento della sua «offensiva di pace», Papa Della Chiesa si impegnò nel campo dei soccorsi e degli aiuti umanitari. In particolare per salvare i cristiani armeni e aiutare i prigionieri.

Il 1° agosto 1917 scrisse una Lettera ai capi dei popoli per condannare il confitto raccomandando ai contendenti di risolvere le loro controversie per «discendere a proposte più concrete e pratiche», e giungere «quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni giorno più, apparisce inutile strage».

Scrive ancora il Papa:

«Noi, non per mire politiche particolari, né per suggerimento od interesse di alcuna delle parti belligeranti, ma mossi unicamente dalla coscienza del supremo dovere di Padre comune dei fedeli, dal sospiro dei figli che invocano l’opera Nostra e la Nostra parola pacificatrice, dalla voce stessa dell’umanità e della ragione, alziamo nuovamente il grido di pace, e rinnoviamo un caldo appello a chi tiene in mano le sorti delle Nazioni».

In effetti, sin dalle prime fasi del conflitto, Papa Benedetto scelse la neutralità cercando di accreditarsi come mediatore tra l’Intesa e gli Imperi Centrali, dimettendo ogni tentazione sul concetto di “guerra giusta”. La novità contenuta in questo documento fu la scelta di andare oltre una generica deplorazione della violenza, proponendo altresì condizioni concrete per l’avvio dei negoziati di pace e gettando discredito sullo scontro – marchiato come «inutile strage». Per la prima volta, si arrivava ad una “delegittimazione religiosa ” della guerra.

Purtroppo, si raggiunse un accordo solo dopo circa 17 milioni di caduti e più di 20 milioni di feriti: alle ore 15 del 4 novembre arrivò l’ordine dai due comandi di “cessare il fuoco”. L’armistizio fu firmato a Padova il giorno prima, il 3 novembre al termine di lunghe trattative, iniziate il 29 ottobre.

Nonostante i proclami trionfalistici del generale Armando Diaz, l’armistizio non portò al totale successo per l’Italia: le nazioni della Triplice Intesa non concessero all’Italia tutti i territori promessi nel trattato. A seguito di tali sviluppi, Gabriele D’Annunzio parlò di “vittoria mutilata”.

Rispetto agli accordi stipulati, l’Italia si vide riconoscere il Trentino, l’Alto Adige, l’Istria e Trieste, ma non la Dalmazia e la Libia.

Fino all’anno 1977, il 4 novembre è stato un giorno festivo, commemorativo dell’Unità Nazionale per l’annessione di Trento e Trieste all’Italia (da non confondere con l’anniversario dell’Unità d’Italia).

In seguito, a causa della riforma del calendario delle festività nazionali, introdotta con la Legge n° 54 del 5 marzo 1977, la ricorrenza è divenuta “festa mobile” e celebrata nella prima domenica del mese di novembre.

La straordinarietà dell’intervento di Papa Benedetto XV contro l’uso della guerra, non portò direttamente alla cessazione delle ostilità, ma fu un precedente importante, in quanto, da allora, la Chiesa si dichiara sempre contro ogni guerra, che sia giusta o ingiusta.

Germano Baldazzi

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