Cuba, isola dell’unità
Le sorprese di cui la storia è sempre piena si stanno concentrando curiosamente – in questo ultimo periodo – a Cuba.
Tra gli ultimi angoli del mondo a conservare un regime politico – ancora – ispirato ai principi del comunismo, mai come in questi ultimi tempi l’isola si è trovata al centro di una inedita stagione di cambiamenti mondiali.
La fine dell’isolamento del regime voluto dagli Stati Uniti, sul quale il presidente Obama ha pronunciato uno dei suoi più importanti (e complessi) discorsi del suo secondo mandato, sembra ora addirittura “superato” dall’inedito ruolo toccato in sorte a Cuba in occasione dello storico incontro tra papa Francesco e il patriarca Kirill.
Bergoglio infatti, nel suo saluto al termine dell’incontro col patriarca, ha avuto cordiali e non formali parole per l’ospite, Raul Castro, che sedeva a lato dei due leader cristiani, rispettoso e visibilmente emozionato:
«Non voglio partire senza dare un sentito ringraziamento a Cuba, al grande popolo cubano e al suo Presidente qui presente. Lo ringrazio per la sua disponibilità attiva. Di questo passo, Cuba sarà la capitale dell’unità!»
Certo, la scelta dell’isola caraibica per l’atteso incontro intercristiano ha messo d’accordo la complessità della geopolitica della chiesa russa con l’altrettanto articolata visione della chiesa di Roma: tanto che, paradossalmente, uno degli ultimi avamposti storici del pensiero secolare si è prestato per accogliere l’incontro più atteso – fin dai tempi del Vaticano II – e sempre ritenuto impossibile, accreditandosi come luogo decisivo di dialogo e di speranza per i destini del mondo in guerra.
Ha osservato Andrea Riccardi:
«Il quadro dell’incontro tra Francesco e il patriarca Kirill è stato spoglio, non simbolico come per eventi del genere: solo una sala dell’aeroporto dell’Avana. Tutto si è concentrato sul colloquio (dalla lunghezza inusuale) e sulla firma di un denso documento con trenta capitoletti. I due primati volevano parlare chiaramente tra loro […]. Ne è emersa una scelta comune: un ecumenismo dei fatti e della “solidarietà cristiana” (per usare un’espressione del metropolita Nikodim, maestro di Kirill). Non un’alleanza solo in difesa dei valori né un altro dialogo teologico. Il Papa ha detto: “Si è fatto un programma di possibili attività in comune, perché l’unità si fa camminando”». (da Corriere della Sera)
Un altro tassello – forse il più ambito – si aggiunge così all’ecumenismo inaugurato dal papa argentino, che nel breve tempo del suo pontificato ha inanellato – uno dietro l’altro – alcuni incontri inediti (come quello a Torino con la piccola chiesa valdese, che ha però avuto il sapore di una svolta di rilievo) assieme ad altre conferme importanti (prima fra tutte, quella con la chiesa di Costantinopoli e col suo patriarca Bartolomeo).
Che l’attitudine umana e lo spessore spirituale di Bergoglio fossero “adatti” a raccogliere il frutto di una stagione antica di semina ecumenica, mettendo fine a sospetti e diffidenze, era forse possibile immaginarlo; mi piace tuttavia credere, di fronte ad immagini davvero inedite come quelle dell’altro giorno a Cuba, che l’approccio così originale ed efficace di papa Francesco sia un po’ anche il frutto della sua personale sensibilità di credente. Così, come ebbe felicemente a dire in un’occasione, nell’incontro tra fratelli diversi, questi si confondono e sono entrambi accolti:
«Chi è il protagonista? Tutti e due, o, per meglio dire, l’abbraccio».
Paolo Sassi
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