Nel giro di poche ore, negli Stati Uniti, si sono succeduti l’ultimo discorso ufficiale di Obama come presidente e la conferenza stampa del suo successore a pochi giorni dall’insediamento alla Casa Bianca. Tra Chicago e la Trump Tower il colpo d’occhio degli osservatori ha confrontato il vecchio e il nuovo leader della maggiore potenza mondiale.
Barack Obama ha parlato a pochi km dal luogo in cui aveva festeggiato la vittoria del 2008. Nel suo discorso ha rivendicato i successi della propria presidenza, ma ha anche dedicato del tempo alla prospettiva, interrogandosi sullo stato della democrazia americana. “E’ stato qui [a Chigago]”, ha detto, “che ho imparato che il cambiamento avviene solo quando le persone normali ne sono coinvolte e si uniscono per ottenerlo. Dopo otto anni da presidente, lo credo ancora. […] È il cuore pulsante dell’idea americana, del nostro coraggioso esperimento di autogoverno”. Un esperimento sempre a rischio, in particolare in un contesto economico fluido e che offre meno garanzie che in passato. In un tempo in cui è facile dividersi in gruppi e sottogruppi, etnici o razziali e non. In una società che non sa gestire la rivoluzione dell’informazione: “Per molti di noi è diventato più comodo ritirarci nelle nostre bolle, che sia il nostro quartiere o il nostro college o la nostra chiesa o i social network, circondati da persone esattamente come noi con le nostre stesse idee politiche, e non metterci mai in discussione. E ci sentiamo così sicuri dentro le nostre bolle che accettiamo solo informazioni compatibili con le nostre opinioni, vere o false, invece che basare le nostre opinioni sui fatti”. “La nostra democrazia è minacciata ogni volta che la diamo per scontata”, è andato concludendo: “Vi chiedo di tenere viva la fiducia nell’idea che ci hanno tramandato i nostri Padri Fondatori: quell’idea che parlava agli schiavi e agli abolizionisti, quello spirito che cantavano gli immigrati e chi marciava per ottenere giustizia; il credo di chi ha piantato bandiere su campi di battaglia stranieri e sulla Luna”.
Al confronto la prima conferenza stampa di Donald Trump dalla vittoria alle scorse elezioni ha volato meno alto. Non la Luna, ma il vivo di un braccio di ferro che il miliardario di New York sembra voler continuare a portare avanti con la stampa, al punto di dire ai giornalisti della CNN, “Voi siete le fake news“.
Il nuovo presidente non sembra, almeno per ora, avere intenzione di cambiare i toni da campagna elettorale e rivedere il proprio approccio ai temi che lo hanno fatto emergere tra i candidati alla Casa Bianca. Così l’“Obamacare” verrà cancellato e sostituito da nuovi provvedimenti legislativi. Così il muro di frontiera col Messico verrà effettivamente costruito e le spese della sua costruzione ricadranno sul contribuente messicano (il come non è stato precisato). Così i dazi sulle importazioni verranno innalzati. Così i rapporti con la Russia saranno più distesi – “Io non so se avrò un rapporto migliore con Vladimir Putin, ma me lo auguro” -; e del resto “la Russia può aiutarci a combattere l’ISIS”.
Ma alla fine il presidente eletto si è sbilanciato: “Sarò il più grande creatore di posti di lavoro che Dio abbia mai posto sulla Terra“. Già, forse ho sbagliato, forse è un “vizio” americano, anche Trump non ha potuto che concludere facendo riferimento al nostro sistema solare ….
Francesco De Palma
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