Cina-Vaticano, un accordo di portata storica …
“Nel quadro dei contatti tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese, che sono in corso da tempo”, ieri è stato “firmato un Accordo Provvisorio […] che è frutto di un graduale e reciproco avvicinamento, prevede valutazioni periodiche circa la sua attuazione […], tratta della nomina dei vescovi, questione di grande rilievo per la vita della Chiesa, e crea le condizioni per una più ampia collaborazione a livello bilaterale”. Questo il comunicato ufficiale del Vaticano in merito a quello che era uno dei nodi più spinosi riguardanti la vita dei cattolici in Cina e i rapporti bilaterali tra Pechino e Roma.
Come ha scritto Stefania Falasca su “Avvenire”, “si firma la storia”: storico è un accordo che “rende possibile a tutti i vescovi cinesi di essere in comunione con il papa e a milioni di fedeli di far parte di un’unica comunità”. Se il Vaticano accetta che il processo di designazione dei futuri vescovi avvenga in qualche modo dal basso, con il contributo quindi delle associazioni legate al governo, la Cina esprime il suo assenso a che la nomina tra i proposti alla dignità episcopale spetti al pontefice, come avviene in tutto il resto del mondo.
Non è cosa di poco conto. Va considerato che è la prima volta che Pechino consente al fatto che dei propri cittadini dipendano in un’ultima istanza da un potere esterno, sia pure da un punto di vista solo spirituale: “E’ la prima volta che la Repubblica popolare cinese riconosce il ruolo del pontefice come guida gerarchica della Chiesa”.
Com’è noto i rapporti tra Cina e Vaticano hanno conosciuto un lento ma costante avvicinamento sotto i regni di Benedetto XVI e di Francesco. Gli ultimi papi hanno puntato su un lavoro ai fianchi che chiarisse come la Chiesa non ha in animo di sostituirsi allo Stato, “ma desidera offrire un contributo sereno e positivo per il bene di tutti”.
Andrea Riccardi ha ricostruito sul “Corriere” il “lungo inverno tra Pechino e il Vaticano, considerato dai cinesi, nel clima della guerra fredda, una forza straniera, occidentale e imperialista”. Di qui la creazione dell’Associazione Patriottica Cattolica Cinese; di qui le ordinazioni di vescovi non nominati né riconosciuti dalla Santa Sede. Con il risultato di veder coesistere nel mondo cinese una Chiesa “patriottica” e una Chiesa “clandestina”, a volte divise sull’atteggiamento da avere nei confronti del potere, più spesso unite nel tentativo di salvare il cuore del messaggio cristiano scendendo a qualche compromesso. Il primo risultato dell’accordo sarà l’unificazione dell’episcopato, con la speranza di giungere poi a un’uniformità di visione e di prassi, “premessa per un nuovo slancio del cattolicesimo in Cina”.
Entrare in una nuova stagione non sarà forse semplice ed immediato, come chiarisce Agostino Giovagnoli sempre su “Avvenire”. Ma la Chiesa si muove da sempre con la politica dei “piccoli passi”: “Non sappiamo se il metodo adottato funzionerà e se reggerà ad attacchi e difficoltà. Restano aperte altre questioni. Bisognerà rimettersi al lavoro e non mancheranno incomprensioni. Ma oggi è diventato possibile sperare”.
Per la Chiesa in Cina, certamente. Ma in definitiva per tutto un pianeta che non ha certo bisogni di altre tensioni, e in vista del sempre più significativo ruolo che la Cina giocherà nel XXI secolo.
Francesco De Palma
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