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“Le stelle di Lampedusa”: per non abbassare la guardia …

In una recente conversazione radiofonica (su Radio Radicale) Pietro Bartolo – il medico che dirige il poliambulatorio di Lampedusa ed è divenuto universalmente noto per il documentario di Gianfranco Rosi “Fuocoammare” (Orso d’oro a Berlino nel 2016), per la sua opera di soccorso a chi arriva sull’isola siciliana e di sensibilizzazione in merito alla loro storia, alla loro sofferenza – ha detto che per lui parlare e scrivere sono un modo per non abbassare la guardia, per contrastare una narrazione ‘mainstream’ che fa del migrante un nemico, mentre molti di loro sono veri e propri “eroi”. 
Eroi dei tempi moderni, novelli Ulisse ed Enea che superano mille difficoltà per portare avanti i loro sogni, per raggiungere i loro obiettivi. Come Anila, la protagonista dell’ultima fatica del medico di Lampedusa, la quale, ad appena dieci anni, compie la traversata del Sahara e poi quella del Mediterraneo per ritrovare la mamma “da qualche parte in Europa” e salvarla. 
Una bambina, che parte alla ricerca della madre. Tanto simile – lei vera, lei reale – a quel grande personaggio immaginario che è Marco, il tredicenne al centro delle pagine di “Dagli Appennini alle Ande”, il racconto di “Cuore”, di De Amicis, vera e propria epopea dell’emigrazione italiana su cui, se fossimo meno dimentichi e meno vittimisti, dovremmo riflettere di più. Marco parte alla ricerca della madre, la quale “era andata due anni prima a Buenos Aires, città capitale della Repubblica Argentina, per mettersi a servizio di qualche casa ricca, e guadagnar così, in poco tempo, tanto da rialzare la famiglia”, e che però non dava più notizie di sé. Allo stesso modo Anila, nigeriana, migrante bambina, capace di affrontare l’incubo, di restare fedele alla speranza, nonché – en passant – di farci capire come l’“allarme immigrazione” sia una mistificazione che serve a non farci alzare lo sguardo; allo stesso modo Anila passa da un continente all’altro perché sa che la madre ha bisogno di aiuto, perché nessun confine può fermare l’amore o il coraggio. 

Bartolo è in questi giorni a Roma, dove presenterà “Le stelle di Lampedusa. La storia di Anila e di altri bambini che cercano il loro futuro fra noi” presso la Scuola di Lingua e Cultura Italiana della Comunità di Sant’Egidio a Trastevere (Via di San Gallicano 25, giovedì 22 novembre, ore 18.00). 
A due anni da “Lacrime di sale”, il lampedusano più famoso del mondo, ritorna a parlare; ritorna a scrivere di dolore e di riscatto, di orrore e di umanità. Un libro sul dovere dell’accoglienza, sulla forza della speranza, sulla necessità di non abbassare mai la guardia. Perché il mondo è un posto difficile, ma dobbiamo evitare l’anestesia del cuore, il trionfo dei nostri umori infastiditi, la complicità di fondo di chi non vuole vedere né capire. Mentre vedere e capire è importante. Dal momento che, come sottolinea lo stesso Bartolo, “Non si può restare uguali a prima dopo aver visto cose simili”.  

Francesco De Palma
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