SGUARDI

Chernobyl: l’attualità si specchia nel passato …

Tra fine giugno e inizio luglio è andata in onda in chiaro, su La7, la serie tv prodotta da HBO e Sky Atlantic dedicata al disastro di Chernobyl.
In quell’angolo dell’allora Unione Sovietica si verificò il più tragico incidente mai avvenuto in una centrale nucleare. Era il 26 aprile 1986, l’1:23 di notte, quando l’unità 4 esplode per un mix di disattenzione umana e di difetti intrinseci al reattore.

La miniserie di cinque puntate – basata sulla ricostruzione operata in alcuni libri e sul commovente “Preghiera per Chernobyl” del premio Nobel per la Letteratura Svetlana Alexievic – è una cronaca accurata e drammatica dell’esplosione, di ciò che l’ha preceduta e di ciò che la seguita.

“Chernobyl”, eccezionale sotto molti punti di vista, non è esente da qualche sbavatura, né è sempre fedele al 100% alla realtà. Ma resta un impressionante documento capace di avvicinarglisi di moltissimo – molte delle riprese sono state girate nella centrale lituana di Ignalina, oggi non più in funzione, considerata la “gemella” di quella ucraina -, di spiegare accadimenti tecnicamente complessi, di restituirci il precipitare degli eventi, la cecità di chi ha lastricato la strada all’apocalisse o ne ha minimizzato gli effetti, come pure la forza d’animo e il sacrificio di chi ha combattuto per avvicinarsi alla verità e soprattutto per contenere il disastro. Uno dei grandi protagonisti delle cinque ore complessive della serie è il popolo sovietico – russo, ucraino, bielorusso e così via – che ha affrontato Chernobyl con quel misto di senso del dovere, fatalismo e sprezzo del pericolo tipico di quelle latitudini, che ha alla fine ingabbiato il mostro e salvato milioni di vite.

Certo, a vedere oggi il lavoro di Craig Mazin e Johan Renck, non si sfugge a un’impressione particolare, figlia del tempo che stiamo attraversando. La presenza di qualcosa di malefico che non puoi vedere, le maschere e le tute di protezione avvicinano Chernobyl e la pandemia da Covid-19. Ma anche la superficialità di chi avrebbe dovuto controllare, salvaguardare, etc., accosta i responsabili ucraini di ieri a quelli libanesi di oggi, l’uranio di 34 anni fa al nitrato di ammonio di qualche giorno fa.

Francesco De Palma

Francesco De Palma
Latest posts by Francesco De Palma (see all)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *