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La poesia e … la memoria

Una lirica di primo Levi per ricordare il 16 ottobre 1943

Ieri era il giorno della memoria del 16 ottobre 1943, giorno nel quale 1024 ebrei furono catturati dalle squadre naziste e deportati nel campo di Auschwitz- Birkenau. Questo pomeriggio ci sarà una manifestazione della comunità di Sant’Egidio insieme alla Comunità Ebraica di Roma e alle autorità cittadine per fare memoria di questo terribile evento.

A volte ci si chiede perché la Shoah sia centrale e per capire il mondo attuale. Potrebbe essere una tragedia come un’altra. Raramente le cose hanno un valore assoluto, ma la Shoah sembra avere questa caratteristica: essere il male assoluto.

Gratitudine verso i testimoni

Se nella civile Europa è stato possibile questo male, è esistito anche chi ha sentito su di sé la responsabilità di combatterlo, con quella cultura e quella profondità figlia della stessa Europa. Sono i testimoni, di cui primo Levi, autore della poesia che segue, è stato uno dei primi. Questi, non tenendo conto di se stessi, hanno parlato, raccontato, nonostante fosse una esperienza terribile e traumatica. Dobbiamo gratitudine a queste persone che ci hanno dato la possibilità di sapere quanto oscuro è stato il male, dandoci anche la chances di rifiutarlo.

Ad ora incerta
Dopo di allora, ad ora incerta,
Quella pena ritorna,
E se non trova chi lo ascolti
Gli brucia in petto il cuore.
Rivede i visi dei suoi compagni
Lividi nella prima luce,
Grigi di polvere di cemento,
Indistinti per nebbia,
Tinti di morte nei sonni inquieti:
A notte menano le mascelle
Sotto la mora greve dei sogni
Masticando una rapa che non c'è.
"Indietro, via di qui, gente sommersa,
Andate. Non ho soppiantato nessuno,
Non ho usurpato il pane di nessuno,
Nessuno è morto in vece mia. Nessuno.
Ritornate alla vostra nebbia.
Non è mia colpa se vivo e respiro
E mangio e bevo e dormo e vesto panni”.

Dalla silloge Ad ora incerta,

Primo Levi; Torino31 luglio 1919 – Torino11 aprile 1987

Abbiamo bisogno degli altri

Vorrei sottolineare il passaggio “se non trova chi lo ascolti”. Di fronte al male c’è bisogno di un altro che ti ascolti, che ti guardi negli occhi, che ti conosca. È la fine dell’idea che da soli ce la possiamo fare. A me pare che gli ebrei sono stati oggetto della violenza nazista anche perché rappresentavano l’altro per antonomasia, in un Europa sostanzialmente uniforme.

Per non perdere l’umanità abbiamo bisogno degli altri, nella fattispecie abbiamo bisogno degli ebrei, ma questo vale anche per tanti che premono alle nostre porte, nei campi profughi a Lesbo, nei campi di prigionia in Libia, ai confini del Messico, degli Stati Uniti. Noi ne abbiamo bisogno perché rischiamo di perdere la nostra umanità sotto la mora greve del nostro egoismo. Come i nazisti persero il senso della realtà, ubriachi del proprio egocentrismo, noi, rifiutando l’altro e la sua umanità, perdiamo il senso della nostra stessa esistenza.

Un pensiero su “La poesia e … la memoria

  • Ilaria Settimi

    Grazie Luca che ascolti e ci fai ascoltare e leggere tali versi e non solo di Primo Levi..

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