CHIESACOMMENTI

Roma, idee per la città

Questa fine agosto 2015 sta registrando – sul fronte politico – l’avvio di una inedita sperimentazione,

deliberata per Roma dal governo nazionale con le ultime decisioni prese dal ministro Alfano, in risposta alla stagione di Mafia Capitale.

La settimana che si è appena conclusa ha così traboccato di commenti sul nuovo asset capitolino, che hanno toccato tutti i possibili registri stilistici, anche se sono prevalsi per lo più i toni della critica severa, dell’ironia e del sarcasmo, equamente distribuiti tra l’intero – così una volta di chiamava – arco costituzionale.
Ma la nuova condizione politico-amministrativa della capitale d’Italia ha anche riproposto – opportunamente – la necessità di una riflessione più “profonda” sul futuro di Roma. Ad essa vorrei dedicare un po’ di attenzione, segnalando alcuni interventi recenti.

Don Roberto Sardelli alle baracche dell’acquedotto Felice, 1970.
Alcuni aspetti della crisi grave della politica romana – quella delle istituzioni ormai data per assodata e consumata – sono stati sinteticamente ma lucidamente tratteggiati dall’ex assessore veltroniano Roberto Morassut – che già lo scorso anno intervenne nel dibattito sulla città con un interessante volume. All’indomani del rovinoso funerale dei Casamonica a don Bosco, in una intervista a il Messaggero, egli ha ricordato gli anni d’oro della storica sezione locale del PCI, quando Ugo Gregoretti discuteva cogli operai, con la politica vicina alla gente, e la stagione (remota) della chiesa post conciliare (con l’emblematica esperienza di don Sardelli tra i baraccati dell’acquedotto Felice). Adesso, invece,

«la storica sezione di via Stilicone, a 200 metri dalla chiesa, due anni fa ha chiuso. Ora c’è un emporio cinese […] anche la politica sul territorio non c’è più. Purtroppo la storia recente del Pd romano […] ha annientato tante realtà sul territorio. Bisogna essere presenti ogni giorno […] La sezione va riaperta subito, per collegarci alle associazioni che in questo quartiere sono molto forti in campo culturale, sportivo e sociale ma sono fuori dai partiti. Poi bisogna parlare della città e delle periferie. […] Bisogna capire cosa sta succedendo nei quartieri. […] E la politica troppo debole».

Forse è per questo che l’iniziativa, almeno finora, più che dalla politica sembra essere stata assunta in ambienti della chiesa, che già nel 1974 volle affrontare – col convegno sui cosiddetti “mali di Roma” – una crisi altrettanto grave eppure così diversa. È da tempo che Andrea Riccardi va proponendo una “costituente” per risollevare Roma dalla sua fragilissima condizione attuale. La percezione è quella di trovarsi in una città senza reti, fragile e disorientata, senza una presenza politica in grado di offrire ai cittadini romani una lettura del presente ed una visione per il futuro.
È stato lo stesso papa Francesco a dare il tono – in diverse occasioni – della gravità della condizione in cui vive la sua diocesi. L’episodio – cui si accennava prima – del clamoroso funerale agostano a don Bosco ha mostrato che la presenza della chiesa nelle periferie non è immune dalla fragilità di questo tempo: pure, essa è un dato importante da cui ripartire:

«Nel vuoto delle periferie, tra tentazioni di ribellismo e reti illegali, resta poco. Non così poco, però, per non far partire un processo costituente di senso civico e di riflessione sulla capitale»,

ha scritto Andrea Riccardi sul Corriere della Sera lo scorso 23 agosto.
In una intervista all’agenzia SIR, ha poi osservato Marco Impagliazzo:

Marco Impagliazzo

«Credo […] che la Chiesa dovrebbe lanciare una grande iniziativa di riflessione sulla città. Cosa vogliamo fare di Roma? Siccome questa iniziativa per almeno 10 anni non è venuta dalla classe politica, forse oggi la Chiesa potrebbe farsi carico di questa iniziativa […]. la Chiesa ha una presenza capillare, è presente in tanti parti della città, ne conosce le sofferenze, ma anche le sue prospettive e le sue realtà positive. È rimasta l’unico o uno dei pochissimi luoghi di aggregazione pur con tutti i suoi limiti, anche se fa ancora fatica a mettersi in uscita come ci chiede papa Francesco.
Ma è sicuramente una Chiesa che ha toccato tante ferite della città, che ogni giorno si mette in ascolto dei dolori dei suoi dei suoi abitanti e soprattutto può con uno sguardo di Misericordia – come ci chiede il prossimo anno santo – tirar fuori qualche grande idea dalla sua storia».

Anche su questo ragionava infine ieri – in una intervista a 360 gradi rilasciata ad Avvenire – Paolo Ciani: l’amministrazione civica, certo

«deve iniziare a fare il “minimo sindacale”, ma poi bisogna avere un’idea globale della città da trasmettere al mondo. […] il problema in questi anni non è stata la presenza di idee contrastanti, ma il vuoto di idee […]. Quasi l’immagine di una città che non si aspetta più molto, delusa, che vive alla giornata, anche perché non trova ragioni per appassionarsi […]. Il senso di deresponsabilizzazione personale è un problema che ci interpella anche come cristiani. È l’idea che, pagate le tasse, poi qualcuno deve pensare a far funzionare tutto», mentre la città non può offrire – col prossimo Giubileo – solo la contemplazione delle «vestigia della Roma antica e religiosa, ma anche una comunità cristiana viva».

Diceva una bella canzone di qualche anno or sono che «settembre è il mese del ripensamento». Speriamo che questo settembre 2015 aggiunga qualche dono di visione per Roma ed i suoi cittadini, oltre alla perplessità di cui cantava – allora – il poeta.

Paolo Sassi

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